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sabato 4 maggio 2013

Il segreto–Sebastian Barry

Il segreto - S. Barry

Titolo:Il segreto (originale:The Secret Scripture)
Autore:Sebastian Barry

Anno:2008

Editore:Bompiani
Traduzione:Licia Vighi
ISBN:978-88-5870-15-7

Pagine:395

Trama:
Roseanne McNulty è una donna molto anziana – forse una centenaria – chiusa in un manicomio da più di 50 anni; sentendo che la fine della sua vita s’avvicina, decide di scrivere le sue memorie. Allo stesso tempo, complice un trasferimento dei pazienti in una nuova struttura, il dottor Greene si interessa al suo caso. Roseanne è davvero una folle? Qual è il motivo per cui è stata internata?
Le due storie si intrecceranno, mescolando l’Irlanda di inizio e fine Novecento, svelando il mistero che circonda la vita di questa reclusa.

Ho parlato un poco de Il segreto poco tempo fa, nella Top Ten dedicata ai libri che più mi hanno sorpresa. Ora è tempo che questo fantastico libro abbia lo spazio che merita – e in effetti questa recensione è un po’ lunga… Quindi la smetto di tergiversare e comincio subito a parlarvene.

Pensando ora a questo libro, mi rendo conto che uno degli aspetti che più mi è rimasto impresso è la massiccia presenza della realtà storica dell’Irlanda. Pur essendo un romanzo decisamente incentrato sui personaggi e sulle loro vite, sui loro pensieri e sui sentimenti più nascosti, Sebastian Barry riesce a intrecciare al loro sviluppo anche la storia di uno Stato tormentato e quella più in generale, quando la lunga ombra della Seconda Guerra Mondiale arriva a toccare anche l’Irlanda. L’ambientazione diviene quasi un personaggio alla stregua degli altri, di cui ci viene narrata la psicologia, ovvero lo sviluppo storico-sociale, e l’apparenza, attraverso le belle descrizioni del suolo irlandese, del mare freddo e verdeacqua, delle cittadine piccole e circondate dalla natura color smeraldo tipico dell’isola. Il tutto, senza alcuna pretesa di insegnare, come succede in alcuni romanzi storici di dubbio valore e con la tendenza all’intento didascalico: l’Irlanda prende vita attraverso la penna di Barry e ci si mostra attraverso pennellate paesaggistiche e situazioni vissute dai protagonisti, risultando così continuamente presente, anche quando non se ne parla direttamente.
Avrei tanto voluto essere più informata sulla storia irlandese, mentre leggevo questo libro. Le note poste dal curatore sono utilissime e mai intrusive, ma permettono solo di scalfire la superficie di un argomento quanto mai vasto. Mi sono resa conto di sapere poco o nulla sulla guerra d’indipendenza irlandese e sul suo ruolo nella Seconda Guerra Mondiale; è mio desiderio rimediare al più presto, anche perché credo che riuscirei ad apprezzare ancora di più questa lettura.

Lasciamo da parte l’isola di smeraldo e torniamo a dare spazio al motore principale di questa storia, i personaggi. L’attenzione, come ho accennato più su, è soprattutto concentrata sui due protagonisti principali, Roseanne McNulty e il dottor Greene, che sono anche i due narratori. Roseanne ci fa sentire la sua voce attraverso un diario, nascosto sotto le tavole del pavimento della sua stanza; il dottor Greene, invece, condivide con noi i suoi appunti, che in realtà diventano subito riflessioni articolate e approfondite, anche loro diaristici.
Roseanne è, tra i due, la più approfondita: osservarla in due momenti della sua vita (quello presente, in cui è una centenaria chiusa in un istituto d’igiene mentale, e quello passato, di cui lei stessa ci parla nel diario) permette di avere una panoramica pressoché totale della sua esistenza, rendendola incredibilmente vera e presente. La sua voce narrante è forte e insieme dolente e proprio questo suo modo di raccontare racconta, perdonatemi il gioco di parole, qualcosa in più di lei. Questo è, credo, uno dei grandi pregi della scrittura di Sebastian Barry: cede la narrazione ai suoi personaggi, come se fossero loro a guidare la penna, e così lascia sgorgare la loro voce. Roseanne è un personaggio meraviglioso non solo per quello che ci racconta, ma anche per come ce lo racconta, per le immagini che usa per descrivere il suo mondo, per le ripetizioni di cui a volte si serve (e così tipiche, in effetti, di molte persone anziane), per i ricordi che condivide con chi legge le sue confessioni, per la sofferenza e i dubbi che condivide con il lettore (rivolgendoglisi spesso, attraverso delle vere e proprie allocuzioni).

Man mano che si legge si scopre che Roseanne non ha avuto una vita facile. Nel suo racconto procede, salvo qualche salto, in ordine cronologico; il rapporto di Roseanne coi suoi genitori è uno dei primi punti focali della storia e non può non lasciare il segno. In particolare, ho amato moltissimo l’affetto che la lega a suo padre, anche e soprattutto durante alcuni avvenimenti molto tragici.
Cercherò di mantenermi sul vago quando si tratta di raccontarvi quel che succede ai personaggi, perché parte di ciò che mi ha colpita profondamente è proprio la capacità di Barry di dosare la narrazione dei fatti, svelando verità e accadimenti goccia a goccia. Ci sono dei colpi di scena che mi hanno fatto soffrire molto, tanto mi sono affezionata a Roseanne; sono giunti inaspettati, come gli eventi della vita vera, e come nella vita vera colpiscono forte e fanno male. La sofferenza della protagonista diventa la propria.
Altri eventi inattesi sono magari meno forti come impatto emotivo, ma lasciano comunque a bocca aperta, soprattutto per come sono presentati: inseriti inaspettatamente nel discorso, in maniera davvero sagace, come se nulla fosse.

Grazie a questi escamotages comincia a farsi spazio, nel lettore, il presentimento che tutto ciò che viene narrato rischi, prima o poi, di subire un ribaltamento, un cambio di prospettiva con cui illuminare ulteriormente la vita sconosciuta di Roseanne. Questa sensazione è resa ancora più forte dalla presenza dei due punti di vista, che rendono ogni episodio ogni volta diverso: si capisce, così, quando la narrazione di Roseanne è soggetta all’inevitabile offuscamento dei ricordi e quando sono gli altri (gli esponenti della società di Sligo, spesso bigotti, chiusi nella loro morale cattolica) a non aver capito, fino al momento in cui la loro cecità li porterà al fraintendimento finale, quello che porterà Roseanne al manicomio.
Oltretutto, questo scambio di prospettive permette all’autore di mantenere costante un dubbio fondamentale: Roseanne è davvero pazza, o sono gli altri a crederlo?
Il momento in cui si scopre qual è il motivo per cui è rinchiusa è uno dei momenti più tesi e patetici, nel senso etimologico del termine, di tutto il libro. Io, personalmente, ho sentito dei brividi leggendolo. E tutta questa forza, tutta questa emozione, è racchiusa in una frase di tre parole. Ditemi voi se non è maestria questa!

Non mi dilungo oltre su Roseanne, immagino che si sia capito quanto ho amato e amo questo personaggio. Permettetemi dunque di spendere due parole anche sul dottor Greene, controparte magari meno emozionante, ma altrettanto valida a livello letterario. All’inizio trovavo le sue parti non all’altezza di quelle della cara centenaria; tuttavia, col passare delle pagine, ho cominciato ad apprezzare sempre di più l’alternarsi dei due narratori. Mi è piaciuto che il dottore non fosse solo un contraltare “clinico” alla visione di Roseanne, come ho scritto più su, ma un vero e proprio personaggio a tutto tondo: scopriamo molto della sua vita, delle sue sofferenze personali, lo seguiamo mentre cerca di fare a patti con il suo passato e, nel farlo, riflette su concetti più ampi e generali. Inoltre, anche questo personaggio ha alcuni segreti che vengono svelati nel corso della storia, rendendolo piuttosto interessante.

Ci sono molti altri comprimari, oltre a Roseanne e al dottor Greene; non solo i genitori di lei, cui ho accennato prima, ma anche gli altri abitanti di Sligo (la cittadina di Roseanne) e le persone che lavorano nel manicomio. Vorrei parlarvene, vorrei potervi dire cosa mi hanno suscitata, ma facendolo svelerei punti della narrazione che preferire lasciare sconosciuti ai futuri lettori, cosicché possano apprezzarli quanto me. Mi limito a dire che anche loro si fanno amare e odiare, disprezzare e compatire.

Mi rendo conto che questa recensione sta diventando piuttosto lunga, ma che ci posso fare: questo romanzo mi ha stregata. Permettetemi quindi qualche ultima parola dedicata a lui, Sebastian Barry, l’artefice di tutto questo.
Ho già accennato ad alcuni dei pregi che ritengo questo scrittore abbia, quindi non mi dilungherò su quelli. Vorrei sottolineare, come nota conclusiva, la bellezza dello stile di questo autore. Ho trovato, nelle sue parole, una forza descrittiva rara: le sue metafore, ad esempio, mostrano sempre immagini non banali e regalano agli occhi del lettore dei dettagli inaspettati. Inoltre, riesce nell’arduo compito di darei ai sentimenti lo spazio che meritano e le parole che gli competono, senza svilirli né svenderli, nella loro essenza – e forse è proprio per questo che i suoi personaggi mi sono sembrati così reali e a tutto tondo.

Mi fermo, altrimenti rischio davvero di annoiarvi. Leggerò sicuramente altro di Barry e spero di avervi incuriosito, almeno un poco, quel che basta per spingervi a leggerne le prime pagine; al resto ci penserà il libro stesso.


Voto: 
 stellinestellinestellinestelline
                     9,5

Frasi e citazioni che mi hanno colpita…

  • Mio padre era solito dire che il mondo ricomincia da capo a ogni nascita. Si dimenticò di dire che finisce a ogni morte.
  • Il terrore e le ferite hanno contrassegnato la mia storia perché da giovane pensavo che gli altri fossero artefici della mia fortuna e sfortuna. Non sapevo che una persona potesse innalzare un muro di malta e mattoni immaginari contro gli orrori e gli inganni crudeli e sinistri del tempo che ci aggrediscono, ed essere quindi l’artefice di se stessa.
  • Nessuno sa nemmeno che ho una storia. Tra un anno, una settimana, domani, sarò morta, e mi servirà una bara di piccole dimensioni e una fossa stretta. Non ci sarà mai una lapide sopra la mia testa, e non importa. Forse però tutte le cose umane sono piccole e strette.
  • Forse la sua felicità era stranamente infondata. Ma non può dunque un uomo cercare di essere il più felice possibile nei lunghi e singolari percorsi di una vita? Credo sia legittimo. Dopo tutto il mondo è davvero bello, e se noi non fossimo uomini ma una qualche altra creatura potremmo essere sempre felici.
  • Caro lettore! Caro lettore, se sei buono e garbato, vorrei poterti stringere la mano. Vorrei… ogni sorta di cose impossibili. Anche se non ti possiedo, possiedo altre cose. Ci sono momenti in cui mi sento pervasa da una gioia inspiegabile, come se, non possedendo nulla, possedessi il mondo. Come se, arrivando nella mia stanza, trovassi l’anticamera del paradiso, che presto si aprirà, e poi da lì incederò come una donna ricompensata per le sue sofferenze, attraverso quei campi verdi e le greggi chiuse negli ovili. L’erba è talmente verde che brilla!
  • “E’ morto da molto?” chiese padre Gaunt. “Qualcuno gli ha preso l’ultimo respiro?”
    “Sì, io,” disse il fratello.
    “Allora glielo rimetta tra le labbra,” disse padre Gaunt, “e io lo benedirò. E lascerò questa povera anima salire al cielo.”
    Allora baciò la bocca priva di vita del fratello, restituendogli credo l’ultimo respiro che gli aveva sottratto al momento della morte. E padre Gaunt lo benedisse piegandosi su di lui, e fece il segno della croce sul suo corpo.
  • La storia ha bisogno di arricchire la vita umana con potente creatività perché la vita nuda è un affronto al dominio della terra da parte dell’uomo.
  • Credo quindi che Dio sia un esperto dei cuori e delle anime corrotte, e che riesca a scorgere in essi l’antico, primitivo disegno, e che per questo ne abbia gran cura.
  • Be’, parlare è sempre difficile, che questo comporti rischi o no. A volte si tratta di rischi per il corpo, altre di rischi per l’anima, più intimi, impercettibili e invisibili. Quando parlare significa tradire qualcosa, qualcosa forse che non riusciamo nemmeno a riconoscere, nascosto nei sotterranei del corpo come un profugo spaventato in una zona di guerra.
  • Ero abbastanza grande per sapere che ogni tanto la gente dice qualcosa che non è proprio ciò che ha in mente, eppure è una sorta di messaggio di quegli stessi pensieri.
  • Credo che tutto ciò che possiamo offrire al regno dei cieli sia l’onestà umana. Intendo alle porte custodite da san Pietro. Si spera che possa essere come il sale offerto ai regni che non lo hanno, come le spezie per i paesi nordici. Qualche grammo nella borsa dell’anima, offerto mentre cerchiamo l’entrata.
  • Essere sola, ma ogni tanto sentirsi invadere da una gioia immensa, come credo che mi succeda, è davvero una grande ricchezza. Mentre sono qui seduta a questo tavolo segnato e solcato da diverse generazioni di reclusi, pazienti, angeli, qualunque cosa siamo, devo dire che è come se mi sentissi pervasa da un’essenza meravigliosa che scorre nel sangue. Non è soddisfazione, ma una preghiera brutale e pericolosa come il ruggito di un leone.
    Lo dico a te, a te.
    Carlo lettore. Che Dio ti protegga! Che Dio ti protegga!
  • Lui mi stava fissando coi suoi occhi del colore torbido della alghe marine. Le alghe marine della sua isola erano dentro i suoi occhi. Forse fluttuavano nel grembo delle donne dell’isola, gente per metà ritornata al mare, come le prime minuscole creature cigliate dell’universo, se devo prestar fede a quanto leggo. Oh, allora i suoi occhi si rischiararono completamente, e mi fissò, e per la prima volta vidi cos’altro si celava in John Lavelle, una sorta di gentilezza. Non so quanta di questa gentilezza la guerra fosse riuscita a offuscare tra cadaveri e imprecazioni.
    “Mi mostri dove si trova la tomba di mio fratello?” mi chiese, con lo stesso tono con cui un altro avrebbe potuto dire: Ti amo.
  • E’ inutile parlare di quello che la morte ci ha risparmiato. Sono certo che la morte sogghigna di questo. Proprio la morte conosce il valore della vita.
  • Credo sia strano cercare di scrivere con abbondanza di particolari sulla mia inutile vita, mentre respingo la maggior parte delle sue domande.
  • E il fondale del mare è altrettanto luccicante, macchiettato, in qualche modo intessuto di meraviglie, quella magnifica mezza cecità che gli occhi hanno sott’acqua, annebbiati perché il mare è un’immensa lente, come se sul viso indossassimo il mare.
  • Con la morte diventò forse più democratico, perché la morte include tutto, si pasce di qualunque cosa umana… Non ne è mai sazia.
  • Ci sono ovviamente abissi di dolore che conosce solo colui ce ha sofferto. E’ un viaggio al centro della terra, un’immensa e pesante macchina che scava nella crosta della terra. E’ un ometto ai comandi che perde il controllo. Terrorizzato, terrorizzato, anche se non inverte la rotta.
  • Una parte di me desiderava ardentemente che lei fosse nella stanza, ma una parte molto più grande temeva proprio una cosa del genere, la temeva come i vivi sono obbligati a temere i morti. E’ una legge della vita molto radicata. Seppelliamo o cremiamo i morti perché vogliamo separare la loro corporalità dal nostro amore e ricordo. Non vogliamo che dopo la morte siano ancora nelle loro camere, vogliamo serbare nella nostra memoria un’immagine di loro da vivi, nel pieno della vita.
  • E’ uno dei benefici della vita coniugale se, per qualche magico motivo, agli occhi dell’altra persona sembriamo sempre uguali. Persino i nostri amici non sembrano invecchiare. E’ davvero una fortuna che da giovane non avevo mai immaginato. Ma, altrimenti, come faremmo? Non c’è mai stata una persona in una casa di riposo che non abbia dato un’occhiata sospettosa agli altri degenti. Loro sono gli anziani, il club di cui nessuno vuole entrare a far parte. Ma per noi stessi non siamo mai vecchi. Ecco perché, quando la fine si avvicina, la nave con cui entriamo in porto è l’anima, non il corpo.
  • Ci fu l’attimo in cui eravamo fianco a fianco in chiesa, e io abbassai lo sguardo verso il suo volto un secondo prima che dicesse “Sì”, e poi glielo sentii dire, e il suo viso emanò questa luce straordinaria, che mi inondò. Era l’amore. Non ti aspetti di vedere l’amore in questo modo. In ogni caso, io non me l’aspettavo.
  • Ci piace definire l’umanità selvaggia, lasciva e primitiva, ma ciò equivale a fare di tutti degli estranei.
  • L’unica consolazione è che la storia del mondo è fatta di così tanta sofferenza che i miei insignificanti dolori svaniscono, e sono solamente brace intorno al fuoco. Lo ripeto perché voglio che sia vero.
    Eppure a una mente al culmine della sofferenza il suo dolore sembra riempire il mondo. Ma è solo un’illusione.
    Ho visto coi miei stessi occhi cose di gran lunga peggiori di quello che mi era successo. Coi miei stessi occhi. Ma quella notte, da sola e indicibilmente furiosa, gridai e gridai nella casupola come se fossi l’unico cane sofferente sulla faccia della terra, suscitando terrore e angoscia in ogni persona che passava. Gridai e mi lamentai. Mi colpii al petto fino a farmi venire dei lividi, tanto che il mattino dopo il mio seno sembrava una mappa dell’inferno, del nulla, […] .
  • Mi domando se la difficoltà sia questa: i miei ricordi e le fantasticherie giacciono forse in profondità nello stesso posto? Oppure gli uni sopra le altre come strati di conchiglie e di sabbia in un frammento di calcare, tanto che sono diventati lo stesso elemento, e mi è impossibile distinguerli con facilità, a meno di non guardarli da vicino?
  • Cosa posso dirti di più? Una volta vivevo fra gli esseri umani, e in generale li trovavo crudeli e freddi, eppure potevo citare i nomi di tre o quattro persone simili a degli angeli. Credo che giudichiamo il valore dei nostri giorni in base a quei pochi angeli che spiamo fra di noi, pur non essendo come loro.
  • Se non arriviamo alle porte del Paradiso dichiarando amore, san Pietro non ci farà entrare.

13 commenti:

  1. un altro titolo da segnare.
    però aspetto anche Palahniuk, che vedo sarà il prossimo :P
    Buona serata!

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    1. Mi sento sempre un po' in apprensione quando qualcuno si segna un titolo dopo aver letto una mia recensione - un'apprensione buona, eh! Spero davvero che tu riesca a leggerlo :)

      Su Palahniuk ci sarà di che parlare! Ti anticipo che mi è piaciuto, in linea generale.

      Buona serata anche a te!

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  2. Cami,
    mi hai convinto! :)
    Avevi parlato di questo libro in un altro post e ricordo di averti detto che prima di leggerlo avrei aspettato la tua recensione... Sai che un 9,5 significa che lo leggerò!
    Si vede che ti è piaciuto parecchio perché raramente ho letto così tante citazioni! :)

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    1. Ne sono felice! Anche se, come ho scritto nel commento qui sopra, sento pure un pochino d'apprensione. Ovviamente aspetto le tue opinioni a riguardo, allora :D
      Eh, lo so, mi sono un po' lasciata prendere la mano con le citazioni! Però non potevo toglierne nemmeno una, mi piacciono tutte. Alcune risalterebbero di più nel loro contesto, ma volevo evitare di riscrivere qui tutto il libro :P Diciamo che sono anche dei "memento" personali, per dare un assaggio a voi e fissare la memoria di certe scene per me.

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  3. Caspita... sembra davvero bello!! *__* Stile impeccabile e ricco di originali metafore, personaggi che lasciano il segno, narrazione alternata (come piace a me! XD), colpi di scena e capacità di suscitare della autentiche emozioni... cercherò di non perdermelo!! :D

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    1. In caso, sarei curiosa di sapere cosa ne pensi! Oddio, forse l'ho caricato troppo di aspettative, ora mi sento un po' responsabile... spero proprio che ti piaccia :)

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  4. 1. La nuova grafica è carinissima *__*
    2. Questo libro finisce immediatamente in WL. Mi ricorda un po' il mio libro preferitissimo, L'uomo che non poteva morire. E credo che l'Italia e l'Irlanda siano due paesi con storie così particolari che non possono non essere una presenza massiccia in un libro che vi si ambienta. Secondo me siamo un po' gemellati senza saperlo ò_ò

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    1. Grazie :DD

      Ricordo che hai parlato de "L'uomo che non poteva morire" sul blog, possibile? Beh, comunque ora mi incuriosisce ancora di più.
      Concordo, Irlanda e Italia si prestano bene a intrufolarsi nella narrazione, anche quando non sono protagoniste... Eheh, il gemellaggio inconsapevole non è un'idea così strana xD

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. Questo 9.5 grida "LEGGIMI!", sappilo. Se non altro per la mole di citazioni...

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    1. Comincio davvero a sentire i sudori freddi...
      Per le citazioni, so che sono tante rispetto a quante ne metto di solito, ma come ho scritto più su non potevo proprio rinunciare ad alcuna di loro.
      Se ti sono piaciute, direi che dovresti prendere in considerazione il 9.5 e le sue grida :D

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  7. Io non ti dico nulla, ma se per caso a Torino ti senti di consigliarmi qualcosa (senza eccedere) ho deciso di ritagliarmi un piccolo margine di acquisti.
    Anche perché ho già una to-buy list!

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