Ho fatto qualche tentativo anche con bloglovin, ma non mi ha convinta quanto Feedly, quindi dubito che lo userò molto; ad ogni modo, vi segnalo il mio profilo, nel caso voi sceglieste di usarlo.
Vostra,
Cami
Titolo:Il giovane Holden (originale:The Catcher in the Rye)
Autore:Jerome David Salinger
Anno:1951
Editore:Giulio Einaudi Editore
Traduzione:Adriana Motti
ISBN:88-06-17176-3
Pagine:242
Trama:Holden Caulfield è stato espulso dall’Istituto Pencey per aver dimenticato dell’attrezzatura sportiva sulla metropolitana di New York; per evitare di dover affrontare subito i suoi, decide di stare per un po’ in città. Questo porterà a una serie di incontri e riflessioni che lo cambieranno.
Ebbene sì, il titolo che ha vinto il sondaggio e che sarà recensito per primo è proprio Il giovane Holden – a pari merito con un altro titolo, che scoprirete presto. Non vi dirò altro: oggi ci dedicheremo solo a quella particolare persona che è Holden Caulfield, perché parlare di questo libro vuol dire, essenzialmente, parlare di lui.
Credo siano pochi i libri in cui il protagonista è così invadente, così iconico da travalicare la storia concepita dall’autore e dare il via a una vita propria. In questo senso, il titolo italiano mi sembra quasi più adatto dell’originale – il centro nevralgico di tutto è Holden, ed è impossibile abbozzare un qualunque commento senza riconoscere questo dato di fatto.
Holden è giovane, come dice il nostro titolo, e come tale si comporta; anzi, sembra incarnare alcuni dei difetti più irritanti dell’adolescenza. Spaccone, finge di non curarsi dell’opinione altrui, inventa storie per non doversi giustificare con nessuno, talvolta è vigliacco, spesso non fa quel che vorrebbe, e fa quel che non vuole; il punto, però, è che lui stesso se ne rende conto. Holden è il primo a riconoscersi tutti i difetti di questo mondo, ad attribuirseli e a dolersene, anche se in una maniera un po’ sbruffona, come se tentasse così di allontanarli; e nasconde allo stesso modo la malinconia che permea la sua anima, una sensazione con radici profonde che nel corso del romanzo si affaccia sempre più spesso nelle riflessioni del nostro protagonista.
E’ una caratterizzazione che reputo valida ed emotivamente vicina anche ai giovani di oggi – tant’è che mi sono intravista in alcuni tratti (e in molti altri ho visto difetti e convinzioni che spero di aver lasciato indietro, insieme ai miei 16 anni). Ci sono alcuni commenti di Holden che sono evidentemente figli degli anni ‘40-‘50, ma ad eccezione di queste credo che si possa vedere in lui una figura di giovane che trascende il suo determinato tempo storico.
A dirla tutta, però, penso che se lo conoscessi nella vita reale finirei per litigarci; penso anche che berrei volentieri due dita di whiskey con lui, ci parlerei e proverei ad ascoltarlo. Nessuno, in questo libro, sembra davvero ascoltare Holden, in parte perché lui stesso non sa ancora bene come esprimere il turbamento che lo smuove, in parte perché nessuno si prende davvero la briga di farlo: abbandonano quello che a loro sembra un guazzabuglio, quando basterebbe dargli un poco di vera attenzione per aiutarlo a mettere in ordine il suo subbuglio interiore.
Il libro, così, sembra andare avanti di episodio in episodio (tant’è che è quasi impossibile riassumerne la trama – ne è esempio il mio misero tentativo). Ci sono solo brevi incontri, in cui Holden cerca di comunicare e l’interlocutore lo rigetta, consapevolmente o inconsapevolmente. Suscita pena e una sorta di desiderio di aiutarlo, almeno finché non ci si rende conto che rigetterebbe tutto questo con qualche parola sborona. Holden cerca qualcuno che lo comprenda e che lo accolga, senza compassione.
L’unica persona che sembra riuscire a dargli questo è Phoebe, la sua sorellina minore. La vecchia Phoebe, come direbbe lui, è un personaggio che non appare molto ma che viene spesso richiamata attraverso i ricordi di Holden, così come i suoi due fratelli, D. B. e Allie. C’è un forte senso di vicinanza, di sostegno reciproco, quando Holden parla di loro: anche chi non c’è più sembra essere in qualche modo presente.
Phoebe risulta senza dubbio la più tenera e la più vicina, a livello affettivo, al nostro protagonista. Credo che Salinger sia riuscito a descrivere bene anche il suo atteggiamento: non è facile rendere realistico il comportamento di una bambina di dieci anni. Mi è piaciuta particolarmente una scena in cui tiene il muso a Holden – perché è un momento vero del rapporto tra fratello e sorella.
Mi sarebbe piaciuto poter vedere anche Allie, in azione: purtroppo, ci si deve accontentare delle reminiscenze di Holden. Il suo guantone da baseball è un oggetto dai forti connotati simbolici, che mi ha colpita per l’aura di serenità che sembra portare con sé.
Volendo tirare le somme, credo di aver capito perché a tanta gente non piace questo libro: è tutta una questione di simpatia o meno nei confronti di Holden. Proprio per la sua centralità così pervasiva, l’empatia nei suoi confronti diventa fondamentale per apprezzare il libro: se manca, diventa impossibile.
Prima di leggerlo pensavo fosse il linguaggio l’ostacolo più grande, dato che tutti parlano della tendenza del protagonista a esprimersi con determinati modi di dire e con un ritmo narrativo particolare, ma in realtà credo che sia una particolarità a cui ci si abitua in poche decine di pagine; personalmente, una volta entrata nel meccanismo, mi ha reso molto più facile l’empatia con Holden e mi ha permesso di vivere questa lettura come se fosse un’effettiva conversazione con lui. A tal proposito, la traduttrice Adriana Motti si merita solo applausi e complimenti, perché la resa in italiano dev’essere stata davvero ostica, tra i vattelapesca, i colloquialismi e il gergo americano. E ovviamente merita i giusti complimenti anche il primo creatore di questa parlata, ovvero Salinger: all’epoca la sua fu una scelta particolare e d’impatto, che si riverbera senza alcun dubbio su parte della narrativa odierna.
La conclusione lascia una forte malinconia e, allo stesso tempo, l’impressione di essere sull’orlo di un momento più felice, di un cambiamento dettato finalmente dal confronto. Eppure non voglio chiudere il mio commento con una nota triste, perché Holden è riuscito a farmi sorridere; quindi, permettetemi di sdrammatizzare con un suggerimento e un’affermazione.
Il suggerimento è quello di vedere i video di John Green su questo libro (qui e qui): dato che in America questo libro è un classico riconosciuto, la sua analisi è molto più approfondita della mia e si rifà a letture e analisi di livello universitario – oltre a essere davvero piacevole e simpatica da ascoltare, come tutte le lezioni del canale Crash Course e, in generale, i video di John e di Hank Green.
L’affermazione è questa: Holden, rivaluta Addio alle armi. So che hai scritto che non ti è piaciuto, ma secondo me gli devi un’altra chance.
Voto:
Frasi e citazioni che mi hanno colpita…
Buongiorno a tutti, cari lettori e care lettrici!
Oggi è il primo giorno di Luglio e io sto ancora cercando di capire come abbia fatto Giugno a passare così velocemente. Questa volta gli esami stanno esigendo decisamente più di quanto mi aspettassi e, purtroppo, il blog ne ha un po’ risentito. Proprio per questo, anche se ho ancora due esami da dare, ho deciso di prendermi una mattinata di riposo per ricarica le pile (altrimenti rischio di andare fuori di testa), recuperare i post pubblicati dagli altri blog e riprendere ad aggiornare Bibliomania – Tre gradi è pronta a dare il via alle danze!
PRIMO GRADO
Il libro che ho scelto è…
Racconti di vento e di mare di AA. VV. (a cura di Giorgio Bertone)
2010 – Einaudi
Un'antologia appassionante, che attinge dalla sterminata letteratura dedicata al mare e costruisce un percorso libero e fantasioso, in acque calme o burrascose, alla ricerca di una sfida o di un momento di riflessione. Tempeste, bonaccia, spazi sterminati, equipaggi e presenze immaginarie, per un viaggio verso orizzonti sconosciuti o ritorni a un porto sicuro e familiare.
Con Racconti di vento e di mare, Giorgio Bertone rende omaggio a uno dei «luoghi» della narrazione più cari agli scrittori di ogni tempo, in un'antologia costruita come una traversata, costellata di imprevisti, ricordi e momenti di grande meraviglia, che si muove come un'onda: «un gruzzolo che cresce per accavallamenti, incroci, contrapposizioni stridenti, accordi e somiglianze lontane. Non c'è onda dai secoli dei secoli che sia uguale a un'altra onda».
Perché è nella Lista dei Desideri? Perché mi incuriosì molto quando lo vidi in libreria la prima volta; il mare mi è sempre piaciuto molto, così come mi piacciono molto i racconti, per cui sembrava un ottimo connubio da cui partire. Inoltre trovo che la copertina, nella sua semplicità, sia accattivante – la foto scelta ha davvero dei bei colori. E poi, visto che siamo in pieno periodo estivo, mi sembrava il momento adatto per presentarvi un libro di questo tipo!
SECONDO GRADO
Giorgio Bertone, curatore dell’antologia presentata, è un ligure che ha studiato con grande attenzione l’opera di alcuni suoi celebri conterranei. Un ligure in particolare, non studiato da lui ma comunque decisamente noto, è l’autore del prossimo libro.
Mikrokosmos di Edoardo Sanguineti
2004 – Feltrinelli
"Questa antologia viene a configurarsi come un libro autonomo e non come una semplice selezione o una panoramica, capace di rendere conto, naturalmente a spizzichi e a bocconi, di un'attività poetica ormai più che cinquantennale; il testo possiede un'autosufficienza che deriva dalla forte correlazione tra la ricerca e la scelta del frammento e il suo montaggio Il titolo, rimandando, da un lato, all'amato (da Sanguineti) Bela Bartok e, dall'altro, a un lessico con chiare ascendenze matematico-scientifiche, propone e sovrappone, in perfetta contemporaneità, l'idea di un piccolo universo autonomo, e, in linea con un Bartok rivisto e ricorretto, quello di una lingua della poesia (là della musica) concretamente radicata nella realtà materiale." (dalla Premessa di Erminio Risso) "mi autoproduco, fragile, mi clono, / stacco me da me stesso, e a me mi dono: / mi autodigitalizzo, ologrammatico, / replicandomi in toto, svelto e pratico: mi automaschero e, assai plasticamente, / sindonizzo il mio corpo, e la mia mente: / mi autoregistro, ormai, se mi iconizzo, - cromocifrato in spettro - e mi ironizzo".
Perché è nella Lista dei Desideri? Le avanguardie e le neo-avanguardie letterarie della seconda metà del Novecento sono, per me, fonte d’interesse e cruccio (principalmente perché mi sembra di non avere ancora tutti i mezzi necessari alla loro comprensione, talvolta anche perché non sempre riescono a convincermi del tutto – ma questa è un’altra storia). In particolare, sto cercando di informarmi un po’ sull’OuLiPo (dopo aver letto Queneau era impossibile non farlo) e sul Gruppo 63, di cui hanno fatto parte tra gli altri Umberto Eco, Giorgio Manganelli, Gianni Celati e, appunto, Edoardo Sanguineti. La raccolta Mikrokosmos l’ho scoperta su Anobii, grazie a Frisia, e ho pensato potesse essere un ottimo punto di partenza per avere una specie di summa dell’opera del poeta ligure.
TERZO GRADO
Alcuni dei progetti coi quali Sanguineti collaborò furono Quindici, rivista del Gruppo 63, e La ricerca letteraria, collana dell’Einaudi. Un altro grande artista che collaborò con entrambe fu Carmelo Bene, le cui interpretazioni teatrali fanno ancora discutere. Una delle sue prove più note è senz’altro quella in…
E' una grande tragedia dell'ambizione questo capolavoro shakespeariano, tra gli esiti più alti della letteratura drammatica di tutti i tempi; una torbida e violenta ambizione che trasforma Macbeth, uomo di doti eccezionali, in un autentico criminale. Ma anche tragedia della consapevolezza di forze oscure che dominano il nostro destino (quel Fato impersonato dalle streghe) e di valori imprescindibili, che non si possono impunemente infrangere. Rappresentata probabilmente nel 1606, il Macbeth è opera di grandi passioni, grandi caratteri, grandi inquietudini, e la sua costante presenza nei programmi dei teatri di tutto il mondo testimonia la perenne attualità dei motivi dell'arte somma di Shakesperare.
Perché è nella Lista dei Desideri? A parte il fatto che si tratta di una tragedia di Shakespeare? L’opera omnia del Bardo è nella mia Lista dei Desideri! Di solito mi affido all’edizione Oscar Mondadori perché presenta sempre traduzioni di grande interesse, almeno per me – in questo caso è stato Vittorio Gassmann ad occuparsene e sono curiosa di confrontare la sua resa col testo originale a fronte.
Mi piacerebbe riuscire anche a recuperare un video o un audio della rappresentazione di Carmelo Bene – ho ancora i brividi per una sua registrazione, passata ormai qualche anno fa su Radio3, in cui interpretava Erode nel dramma Salomè (scritto da Oscar Wilde).
Per oggi è tutto: mi piacerebbe sapere chi di voi ha letto questi libri, oppure chi li desidera, come me!
Ora torno a studiare, ma vi prometto che tornerò presto con nuovi post; nel frattempo vi mando un abbraccio.
Vostra,
Cami
P.S. il sondaggio è ufficialmente chiuso, presto vi farò sapere quale sarà il titolo recensito.
P.P.S. ora che Google Reader è stato smantellato mi sto rivolgendo ad altri siti con cui mantenere i feed agli altri blog. Nel prossimo Post del Mese ne parlerò, sia mai che la mia personale esperienza possa essere d’aiuto a chi è ancora indeciso!