Titolo: Anna Karénina (originale: Анна Каренина [
Anna Karénina])
Autore: Lev Nikolaevič Tolstòj
Anno:1877
Editore:CDE (su licenza Arnoldo Mondadori Editore)
Traduzione:Ossip Felyne
ISBN://
Pagine:1029
Trama:Il celeberrimo romanzo è un affresco della società russa dell'epoca, che si muove seguendo principalmente le vicende di quattro personaggi: Anna, Vronski, Levin e Kitty. Storie legate che si uniranno e scioglieranno, attraverso le quali Toltstòj analizza l'essere umano e le sue passioni.
Proprio non capisco come molte persone possano ritenere la letteratura russa "pesante"; è il mio primo incontro con Tolstòj e i russi in generale, ho anche iniziato con questo libro che per numero di pagine non è proprio una piuma, eppure me ne sono innamorata. Ma visto che, ovviamente, alla fine l'unica regola che vale è quella del De Gustibus, inizio la mia recensione :)
Tolstòj è, senza alcun dubbio, un narratore superbo: descrive ogni gesto come se fosse un commentatore minuzioso, senza per questo apparire morboso, nè tanto meno poco godibile da leggere. Un giostratore di sentimenti, per come riesce a rendere rabbia, orgoglio, amore, passione, frustrazione, disperazione; sono tutte queste, e mille altre ancora, le emozioni che i personaggi di questa epopea russa vivono in mille pagine che volano via, leggere. Inizialmente pensavo a come sarebbe potuto risultare fresco e accattivante un romanzo così lungo, la cui storia mi era stata riassunta tempo fa in quattro-cinque righe; ebbene, non solo il libro si conserva interessante, ma addirittura si sviluppa sino a portarci dentro la storia, tanto che leggendo le ultime righe non si può che pensare "come, ci ha messo così poco a raccontare tutto questo?".
Sarà una caratteristica tipica dei narratori dell'800, non lo so. Però voglio cercare di parlare con ordine, e quindi prenderò i personaggi principali uno ad uno, per evitare pasticci e disordini vari.
Partiamo da Kitty, al secolo Katerina Alexandrovna Ščerbatsky: stranamente, nonostante alcuni dei suoi atteggiamenti nella fase della sua vita precendente al viaggio all'estero, non mi è sembrata affatto odiosa e anzi, mi è piaciuta. Questo perchè, credo, Tolstòj riesce a rendere perfettamente il fatto che questo non è dovuto al carattere in sè di Kitty, ma al suo essere ancora giovane e ingenua; qualcosa che può svilupparsi, fino a migliorare e scomparire, con l'età adulta.
Infatti inizialmente la piccola Ščerbatskaia appare troppo "frivola", talvolta poco attenta a chi le sta attorno: un esempio lampante è il suo comportamento nei confronti di Levin, all'inizio della storia. Eppure, man mano che segue la narrazione e cresce, si sviluppa in quella che mi è sembrata una donna matura, capace di muoversi mantenendo la sua grazia infantile.
E poi lo ammetto, i dialoghi di sguardi, la comprensione, il gioco di indovinare le frasi attraverso le iniziali, mi hanno colpita moltissimo. Ho un animo romantico anche io...
Inoltre, dimostra una forza non comune quando deve occuparsi di Nicola, il fratello di Levin; non solo una tenera bambola di porcellana, quindi, ma una persona che sa cosa vuole.
Passiamo ora al secondo personaggio, Vronski (ovvero Alessio Kirillovič Vronski) . Sappiate che sarò decisamente poco soggettiva, perchè questo personaggio mi è stato antipatico a pelle, fin dalla sua prima apparizione! L'unico motivo per cui non l'ho odiato del tutto è che dà modo a Tolstòj di sviluppare su carta la forza e l'intensità di una passione amorosa incredibile. Falso ed irresponsabile, suscita più pena che rabbia semplicemente perchè non sembra rendersene conto: tutto contento, convinto che il suo sia il miglior modo possibile di vivere ed agire, mentre in realtà il suo è un mondo chiuso, come una scatola bellissima in cui però l'ossigeno inizia a scarseggiare. Vronski è vuoto, come la società in cui si aggira con i bei vestiti e le interessanti conversazioni di niente; la sua necessità di cambiare e di vivere davvero è comprensibile, ma non per questo condivisibile o meno odiosa.
Soprattutto perchè trascina Anna con sè, segnando fatalmente la vita di questa povera donna: il primo dialogo tra lui e lei è maginifico, esprime una passione incredibile, tale da innalzare agli occhi del lettore Vronski, che per un momento (quasi come uno stilnovista) viene innalzato dal suo sentimento. Tuttavia, nonostante tutto, dentro rimane sempre il medesimo uomo, e questo non può portare altro che male, soprattutto in un ambiente come quello descritto da Tolstoj: una società cittadina aristocratica finta, disinteressata, vuota, dedita ad un magnifico quanto vacuo gioco delle apparenze. Solo in due momenti ho apprezzato la sua figura, a onor del vero: in quello, già citato prima, della prima fase dell'innamoramento e in quello in cui lui riconosce la propria bassezza e compie un atto disperato. Peccato che nessuno dei due, come ho detto, sia servito a rinnovarlo.
Ma passiamo proprio a lei, ad Anna. Questa presenza di donna che perme tutto il romanzo, anche quando non c'è e si parla di tutt'altro; la sua apparizione nel tessuto narrativo porta una scossa di forza incredibile. Con i ricci neri e il collo lungo, pallido, la grazia incurante prima, esasperata e quindi persa dopo, ma soprattutto con l'indomita forza dei suoi sentimenti, Anna strega tutti attorno a sè, anche il lettore.
Ciò che penso sia preponderante in questo personaggio è l'immensa portata della sua passione. Sembra quasi che tutta la struttura esterna del suo corpo si regga su uno scheletro di palpitazioni, di amore che necessita una via d'uscita: forse è proprio per questo motivo che la sua storia finirà in modo tanto tragico. In un'epoca in cui una tale forza era da tenere nascosta, Anna la lascia uscire senza vergogna, rimpianti e ripensamenti, con la stessa naturalezza con cui soffia il vento (espressa magnificamente, secondo me, nel capitolo XXIX della prima parte).
Senza contare, inoltre, la pena che ispira quando narra dei suoi terribili sogni e quando parla del piccolo Seriogia.
Però, perchè c'è un però, Anna non è solo bellezza e grazia. Le passioni, si sa, possono diventare negative se oltrepassano certi limiti e diventano ossessioni: così il suo amore per Vronskij, se all'inizio appare come qualcosa di puro e vero (nonostante sia un legame adulterino), si trasforma man mano in un terribile rapporto distruttivo, in un climax ascendente di disperazione, che porta la Karénina ad azioni vili (come l'abitudine alla menzogna, la straripante gelosia, l'abbandono di passati affetti che la porterà poi a sensi di colpa da cui è impossibile scappare). Cambia e diventa ambigua ed ambivalente: questa situazione è resa in modo maginifico nelle ultime descrizioni di gelosia e di confusione mista a disperazione, superbe per la realisticità acuta e amara con cui ci vengono presentate.
Parlando di Anna, però, non posso non spendere due parole sul suo povero marito, Alessio Karénin. Innanzitutto, per un fatto che mi ha colpito molto: amante e marito portano lo stesso nome. Anche Anna, ad un certo punto del libro, nota e riflette su questo particolare; è come se Tolstòj volesse farci vedere le due facce di una stessa medaglia.
In secondo luogo, perchè è un personaggio che merita e che rimane certamente impresso: in fondo si dimostra buono, imperfetto ma ammirevole, nonostante non riesca a comprendere Anna e a staccarsi dal proprio modo di vivere. Sul finire cala un pochino, però devo dire che mi ha stupita più volte nel corso del romanzo per come cerca di relazionarsi con lei, a cui nonostante tutto vuole un gran bene; è tenero per le lacrime che versa, terribile nel riversare tutte le colpe su Anna.
E passiamo ora a lui, il mio personaggio preferito: Levin, cioè Costantino Dmitrievič Levin. Il suo incredibile amore per Kitty, il tormento che prova (tale da essere fisicamente percepibile) e i dubbi esistenziali che lo accompagnano per tutto il corso del romanzo lo rendono amabile, nonostante gli errori, la gelosia, alcune idee che non condivido (come il suo pensiero riguardo l'istruzione della donna).
E' un uomo fondamentalmente buono, votato alla ricerca dell'amore, che si concretizza nella figura di Kitty, e alla ricerca della verità, in questo caso un'illuminazione sulla fede ed il significato della vita.
E' un personaggio che secondo me parte in sordina, per poi innalzarsi lentamente; si fa scoprire per davvero solo quando si arriva alla parte in cui si parla della sua vita in campagna, che è anche un ottimo modo di mostrare il contrasto tra il mondo rurale e il mondo cittadino. Il primo, infatti, nonostante l'arretratezza e la testa dura dei contadini (i
mugik, di cui questo romanzo parla ampiamente, portando sottintesa secondo me l'opinione dell'autore, che pare propendere verso l'idea di un rinnovamento), sembra conservare un'innocenza e una serenità sconosciuta agli abitanti delle metropoli come Pietroburgo o Mosca, rappresentati da Stefano Arcadievic e dalle amicizie di Vronski e Anna; e ho notato che, mentre molti dei personaggi vivono in città le loro disgrazie (Dolly, per fare un esempio), in campagna sembrano raggiungere quella serenità tanto agognata.
Levin, oltretutto, è utilizzato anche come perfetto esempio del valore salvificante di un amore puro e incondizionato: basta notare la differenza tra il suo sentimento, che lo innalza, e il rapporto distruttivo di Anna, che la schiaccia.
Tornando al personaggio in sè, Levin mi è piaciuto soprattutto per i già citati dubbi e tormenti; Tolstòj li rende in una maniera talmente viva da farli percepire fisicamente al lettore, così come la sua agitazione e in generale i sentimenti preponderanti che lo caratterizzano. La sua reazione a notizie positive magnifiche (che non scrivo, sia mai che qualcuno si rovini la lettura) ci rende partecipi della sua gioia, e la risoluzione dei suoi dubbi, alla fine del romanzo, sono la perfetta conclusione di questa storia meravigliosa.
Questi quattro personaggi si uniscono, s'incontrano, sembrano quasi legati da un filo rosso; creano amori del genere che poteva nascere solo allora, dove lo sguardo infiammava più di ogni altra cosa. Tolstòj riesce a rendere tutto questo con similitudini eccezionali e frasi meravigliose che in altri sarebbero solo l'ennesimo clichè, mentre in questo libro sembrano una ventata d'aria fresca.
In più, ho amato molto i vezzeggiativi tipici della cultura russa e il fatto che, nonostate i nomi da ricordare fossero tanti (i personaggi secondari che girano attorno ai nostri protagonisti sono un'infinità), tutti siano caratterizzati abbastanza bene da non essere dimenticati, anzi, da associarsi ad una precisa immagine mentale.
Un libro fantastico, senza dubbio da massimo dei voti.
Voto:
10
Frasi e Citazioni che mi hanno colpita...
- Tutta la varietà, tutto il fascino e tutta la bellezza della vita nascono dalle ombre e dalle luci...
- Gli pareva che tutte quelle tracce della sua esistenza si impadronissero di lui e gli sussurrassero: "No, non ti libererai e non diventerai un altro, resterai quale sei: con i dubbi, il continuo malcontento di te stesso, gli sterili tentativi di perfezionamento, le ricadute e l'eterna attesa di una felicità alla quale non sei destinato e che non puoi conseguire". Ma mentre subiva l'impressione che gli oggetti gli parlassero così, una voce interna gli ripeteva che non doveva sottomettersi al passato e che poteva fare di sè tutto quel che voleva.
- Anna leggeva, assorta nella lettura, ma non poteva accontentarsi di seguire le vicende altrui. La sua sete di vita era troppo grande. Quando leggeva come l'eroina del romanzo curasse un ammalato, avrebbe desiderato di essere lei a camminare con passo lieve lieve nella stanza dell'infermo; quando leggeva come un membro del parlamento pronunciasse un discorso, avrebbe voluto essere lei a prendere la parola.
- "L'amore..." ripetè la donna lentamente, con voce grave e intima, mentre riusciva infine a staccare il pizzo. "Non mi piace questa parola perchè le do un significato molto più grande, molto più profondo di quanto possiate credere."
- "Questo è vero... Penso continuamente alla morte. Non è forse vero che andiamo avvicinandoci alla fine e che tutto attorno a noi non è che vanità? Ti confesso che tengo molto alla mia idea e alla mia opera... Ma in realtà, pensaci! tutta la nostra vita non è altro che un po' di muffa sulla crosta di un piccolo pianeta. Noi immaginiamo, invece, di possedere qualche cosa di grande: idee, opere! Non sono che granelli di polvere. [...] "
- "Si può amare chi vi odia, ma non chi si odia. [...] "
- Levin aveva notato più di una volta che, nelle discussioni fra persone intelligenti, dopo molti sforzi, molte sottigliezze di logica e molte parole, gli interlocutori finivano per arrivare alla conclusione di essersi affaticati a voler provare l'uno all'altro ciò che da tempo era noto a ognuno di essi.
- Ogni osservazione che dimostrava come un altro avesse capito almeno in parte ciò ch'egli aveva voluto esprimere lo turbava fino in fondo all'anima. Attribuiva ai critici una percezione più acuta della sua e si aspettava dal loro giudizio rivelazioni nuove, di cui non si credeva capace; e spesso gli pareva di scoprirle nelle opinioni che sentiva esprimere.
- Aveva la coscienza di non potersi liberare dalla crudeltà umana, perchè quella crudeltà era provocata non dai suoi torti (in questo caso avrebbe potuto rimediare sforzandosi di essere migliore); la causa del disprezzo generale era da ricercare nella sua sventura umiliante e vergognosa. Sapeva che la gente l'avrebbe trattato spietatamente proprio per il fatto che il suo cuore era dilaniato; così come un branco di cani finisce di sbranare un cane malconcio che guaisce di dolore.
- "Se tu studierai allo scopo di ottenere una ricompensa, lo studio ti sembrerà difficile [...] Ma amando il lavoro, troverai in esso la ricompensa."
- "C'è qualcosa di straordinario nella dichiarazione di un uomo, nel suo modo di farla, nel momento stesso... Esiste tra i due una certa barriera, e a un tratto, viene abbattuta..."
- Per tutto quel giorno essa subì una bizzarra impressione; le pareva di recitare una commedia con attori molto più valenti di lei e di guastare l'insieme con la sua interpretazione deficiente.
- Quando cercava d'indagare che cosa fosse e perchè vivesse, non trovava risposta e cadeva nella disperazione. Ma quando smetteva di torturarsi con questo pensiero, pareva sapesse qual era la sua ragione di vivere e perchè vivesse e agisse nella vita reale in un modo ben definito.
Alla prossima! :D
Cami