domenica 21 aprile 2013

Il ristorante dell’amore ritrovato–Ito Ogawa

Il ristorante dell'amore ritrovato - I. OgawaTitolo:Il ristorante dell’amore ritrovato (originale: Shokudô Katatsumuri)
Autore:Ito Ogawa

Anno:2008

Editore:Neri Pozza Editore
Traduzione:Gianluca Coci
ISBN:978-88-545-0419-6

Pagine:191

Trama:
Ringo ama la cucina e sogna da sempre di aprire un ristorante. Lei e il fidanzato stanno risparmiando da molti anni per riuscirci; peccato che un giorno, senza alcuna spiegazione, il suddetto fidanzato decida di andarsene lasciandole solo un appartamento vuoto. Sotto choc e senza un soldo, l’unica scelta che rimane a Ringo è quella di tornare nel suo vecchio paese, a casa della madre (da cui era fuggita tanti anni prima). E proprio qui, per riprendere le redini della propria vita, Ringo riesce a dare vita a un ristorante tutto suo, un ristorante un po’ particolare…

Questo libro mi ha lasciato una sensazione simile, per certi versi, a quella che rimane dopo aver mangiato un dolcetto. Lo pregusti, poi lo mangi, facciamo pure che non lo metti tutto in bocca subito ma lo dividi in due morsi; in un momento è finito e poi ti rimane in bocca un sapore buono, dolce, ma anche la sensazione che non sia stato soddisfacente quanto ti aspettavi.
Credo che questa sia la metafora migliore per descrivere Il ristorante dell’amore ritrovato, e giuro che mi sono resa conto solo in un secondo momento di quanto fosse doppiamente adatta, data la sua natura culinaria, che ben si sposa con l’importanza che il cibo ha nella vita di Ringo, la protagonista di questo romanzo.

La cucina è la sua passione sin dall’infanzia e il suo sogno è quello di aprire un ristorante: lo è prima del brutto abbandono da parte del fidanzato e lo è anche dopo. E’ questa sua aspirazione così forte che le permette di andare avanti e di non cadere nella più totale disperazione. Ringo non si è lasciata abbattere, né ha cominciato a compatirsi, ma si è rimboccata le maniche e ha immediatamente cominciato a pensare al da farsi. Certo, qualche volta cede ai ricordi e alle lacrime, ma cerca di non pensarci.
Non è la prima volta che incontro una reazione contenuta, molto interiorizzata, in un romanzo giapponese. Per quanto la mia conoscenza della cultura nipponica non sia approfondita, le mie letture mi portano a credere che sia un tratto tipico della loro sensibilità. Un modo pacato e sommesso, in un certo senso, di approcciarsi agli eventi terribili che possono capitare nel corso della vita.
L’unica testimonianza che rende il dolore di Ringo chiaro agli altri è l’afonia completa che la coglie, improvvisamente, dopo lo choc subìto. La scelta di zittire la propria protagonista è molto particolare, soprattutto quando quest’ultima è anche la voce narrante (anche se forse pensiero narrante sarebbe più corretto, in questo caso), dato che tutto il libro è scritto in prima persona singolare. E’ la prima volta che leggo un’espediente simile e devo dire che non mi è dispiaciuto: dato che Ringo è costretta a comunicare con gli altri solo lo stretto necessario, scrivendo ciò che vorrebbe dire su un taccuino che ha sempre con sé, si deve affidare per forza di cose alle sue azioni. Narrate da lei, queste finiscono per essere inframmezzate di ricordi e riflessioni, dando la possibilità al lettore di conoscerla meglio; oltretutto, offrono anche l’occasione di approfondire il suo amore per la cucina, dato che quasi tutto quello che fa è legato al Lumachino, il ristorante che aprirà una volta tornata nel paese natio.
Le descrizioni dedicate al cibo e agli ingredienti sono molte e molto sentite. Dato che anche a me piace molto scoprire l’origine degli ingredienti, e mi piace anche vedere altre persone che cucinano, ho trovato questi passaggi davvero interessanti e teneri, a modo loro; ma temo che un lettore poco interessato a questo tipo di particolari possa trovarli piuttosto noiosi.

L’ultima cosa che mi preme notare, riguardo alla narrazione, è che anche gli altri personaggi, com’è ovvio, subiscono l’effetto del punto di vista di Ringo – anche se non sempre questo va a loro vantaggio. L’esempio più calzante è la madre della protagonista, Ruriko; il rapporto tra le due è tutto, meno che idilliaco, e ovviamente questo si riflette sul modo in cui Ruriko ci viene mostrata.
La loro relazione è il secondo nodo fondamentale di questo romanzo: si scopre man mano perché Ringo la odi tanto, quali sono le verità legate alla sua nascita e la natura più nascosta di questa madre che a tratti pare indecifrabile, nascosta com’è dagli atteggiamenti che ha deciso di avere. Nel corso della loro convivenza forzata, si scoprono punti di contatto che muteranno la concezione che hanno l’una dell’altra.

Intervallano queste due tematiche le vicende dei clienti del Lumachino, che Ringo “coccola” con menu personalizzati e unici. Per quanto breve, tutti hanno una loro storia da raccontare. Sono piccole note di colore che danno la possibilità, a noi come alla protagonista, di osservare persone che riescono a risolvere i loro dubbi, trovare quello che cercano e lasciare indietro i dolori passati – anche, forse soprattutto, grazie a una spintarella data grazie alla cucina di Ringo, che assume sfumature quasi magiche, indubbiamente catartiche.
Sono inserti carini e piacevoli, funzionali allo sviluppo emotivo della protagonista, ma purtroppo non posso dire che lascino molto di più.

Un discorso simile si può fare per lo stile della Ogawa: penso che sia soprattutto a causa di questo, infatti, se la sensazione a fine lettura rimane quella che ho cercato di spiegare all’inizio della recensione. Ito Ogawa scrive in modo semplice, con un tono spesso colloquiale, inserendo descrizioni delicate e gradevoli, ma non ha mai quel guizzo in più che potrebbe rendere speciale questo libro. Riesce, tuttavia, a incuriosire, a far sorridere e a far provare dispiacere; caratteristiche pregevoli, che rendono quindi questa lettura indubbiamente piacevole, pur non potendosi definire memorabile.

L’ultima cosa che mi preme dire riguarda il libro fisico in sé. Come sempre, la Neri Pozza offre un prodotto curato sotto ogni aspetto: in particolare, ho apprezzato molto la pagina con i consigli sulla pronuncia delle parole giapponesi presenti nel testo, il comodo glossario finale e le utili note a piè di pagina, che spiegano alcune tradizioni nipponiche citate nel corso del testo. Il lavoro di Gianluca Coci, traduttore e curatore di questi apparati, è stato decisamente ottimo.


Voto: 
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               7,5

 

Frasi e citazioni che mi hanno colpita…

  • Non ero in grado di leggere i caratteri dell’alfabeto hindi che riempivano le lettere giunte di tanto in tanto dall’India, eppure mi bastava sfiorare quei segni con le dita per sentirmi parte della sua famiglia ed essere travolta da un’ondata di affetto.
  • Avevo perso la voce.
    Ci ero rimasta di stucco, certo, ma non al punto da deprimermi. Non provavo né dolore fisico, né tanto meno difficoltà respiratorie. Mi sentivo semplicemente più leggera, appena un po’. E poi non mi sembrava un problema, visto che non avevo nessuna voglia di parlare. Pensavo che finalmente avrei avuto modo di ascoltare al meglio, io soltanto, le parole così come mi scaturivano dal cuore.
  • Sognavo che il mio ristorante potesse suscitare nelle persone una sensazione al tempo stesso di meraviglia e d’intimità, come se fosse uno di quei posti che si è sicuri di aver già visto ma in cui non si è mai messo piede: qualcosa di simile a una caverna segreta, dove ognuno potesse provare sollievo e addirittura ritrovare il proprio sé.
  • Chi, del resto, pur avendo un cuore buono, non compie prima o poi un’azione cattiva? Noi esseri umani siamo fatti così, c’è poco da fare. Certo, ognuno è diverso dagli altri, e c’è chi può essere considerato fondamentalmente buono e chi malvagio, ma tutti, nessuno escluso, siamo in misura più o meno eclatante torbidi e impuri, nel senso che abbiamo dentro di noi una certa quantità di fango di cui non riusciamo a liberarci. […]
    Preferivo starmene per i fatti miei, calma e quieta, perché volevo che il mio fango fosse il più pulito possibile. Se un pesce continua a nuotare in prossimità del fondo sabbioso, l’acqua sarà sempre torbida e fangosa. Se invece se ne sta buono e tranquillo, in fango si depositerà tutto sul fondo e a poco a poco l’acqua in superficie diventerà limpida.
  • Una delusione d’amore non è la fine del mondo. Un amore finito non significa morire.
  • Ci sono cose che non possono assolutamente tornare.
    Ma che al tempo stesso, pur non potendo tornare, restano eternamente presenti.

16 commenti:

  1. Leggere un autore giapponese non è per nulla facile. Vi sono aspetti della loro cultura che facciamo fatica non solo a comprendere ma anche ad accettare. Il loro rapporto con la sofferenza è un esempio lampante. Il giapponese non può esternare sentimenti, fa parte della sua educazione, non ne sente forse nemmeno il bisogno, sebbene a noi occidentali possa sembrare disumano. Per inciso, la letteratura giapponese che arriva dalle nostre parti è quella più "occidentalizzata", quella meno criptica. Lo stesso Murakami, per fare un esempio, è decisamente abbordabile, anche perché è uno scrittore molto critico con taluni aspetti del proprio paese (il che fa di lui un reietto in patria). Il dolore è tra tutti forse il sentimento più proibito e a questo proposito ti suggerisco la lettura di un bel racconto dal titolo "il fazzoletto", scritto da Ryunosuke Akutagawa (autore del celeberrimo "Rashomon" e premio Nobel per la letteratura). Lì troverai una bel ritratto dell'interiorizzazione giapponese del dolore. Se non lo trovi non è un problema: ho giusto un post in bozza sull'argomento che penso di far uscire tra una decina di giorni.

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    1. Concordo, è una cultura difficile da avvicinare, anche perché per farlo bisognerebbe riuscire a mettere da parte le nostre fondamenta occidentali. Non dico sia impossibile, ma sicuramente richiede tempo e pazienza.

      Per quanto non sia informatissima sulla letteratura nipponica, non mi sorprende che da noi arrivi soprattutto quella "avvicinabile". Qualcosina sull'impossibilità culturale di esprimere i propri sentimenti la sapevo, ma solo attraverso prodotti di consumo quali anime e manga - esempi blandi, ma sufficienti a far intuire qualcosa.

      Ti ringrazio per il suggerimento, che mi sono segnata; in ogni caso, non vedo l'ora di leggere il tuo post sull'argomento!

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  2. Si tratta di un libro che adocchio con curiosità da mesi in libreria... amo il mondo nipponico e la tua recensione mi fa pensare che sia il caso di dargli un'occhiata, se non altro per essere d'accordo con te o trovare qualcosa di cui discutere! ^^

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    1. Sono felice di averti incuriosita! Guarda, se ti ispira e ti piace il mondo della cucina, ci darei un'occhiata, magari sbircia i primi capitoli e vedi se lo stile fa per te.

      Se lo leggerai, mi piacerebbe tanto confrontarci! Che ti piaccia o meno, ovvio ;)

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  3. Sei sempre più brava. Complimenti per aver portato avanti questo blog con costanza :)
    L'ultima citazione è la mia preferita

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    1. Addirittura, così arrossisco :) Grazie!
      Io continuo a seguire il tuo, anche se commento poco - gli spunti mi fanno sempre ridere e sorridere!

      L'ultima è anche una delle mie preferite, la trovo molto vera.

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  4. Cami,
    complimenti per questa tua "esplorazione" dell'Estremo Oriente! Le diversità di un'altra cultura mi attirano molto, prima o poi avrò il mio "momento nipponico"! :)
    Le citazioni che hai scritto non sono per niente male... la quarta in particolare! ;)

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    1. Grazie Vin :) Gli autori dell'Estremo Oriente sono molto affascinanti, per me, però ammetto di non averne letti molti - uno dei tanti argomenti che non mi dispiacerebbe approfondire. Avrei proprio bisogno di giornate da 48 ore :D

      Sono contenta che ti piacciano le citazioni!

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  5. Questo è un libro che probabilmente non avrei mai neanche lontanamente preso in considerazione a causa del titolo, invece la tua recensione mi ha incuriosito molto!

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    1. Mi fa piacere! :) In effetti il titolo è simile a molti altri che ultimamente si vedono in libreria, quindi non mi stupisce che non ti incuriosisse.

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  6. Io ho letto solo pochi racconti di autori giapponesi, però ho notato differenze non solo culturali ma anche nel modo stesso di narrare. E' un arcipelago da esplorare, prima o poi.
    Lo stesso vale per la cucina. :)

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    1. Hai ragione, c'è una sensibile differenza anche nella narrazione e nello stile!

      Della cucina giapponese io conosco solo quello che offrono anche qui in Italia, ovvero il sushi e gli spaghetti di soia. Non mi dispiacerebbe, però, provare qualcosa di veramente tipico :)

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  7. Sono venuta a conoscenza dell'esistenza di questo libro quando qualche mese fa la neri pozza ha pubblicato un altro romanzo dell'autrice, La cena degli addii, che mi incuriosiva sì e no. Perciò aspettavo che qualche lettore fidato me ne parlasse... dopo le tue parole però l'incertezza non fa che confermarsi, visto che anche a te non ha lasciato un entusiasmo certo e convinto.
    nel frattempo, ci penso su, magari per quando avrò deciso sarà uscito in economica :)

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    1. Ho notato anche io "La cena degli addii" in libreria, ma ammetto di non aver sentito alcun particolare richiamo. Ho letto le prime pagine, per scrupolo si potrebbe dire, e hanno confermato il mio pensiero: questa è stata una lettura piacevole, che mi ha lasciato buone sensazioni, ma non abbastanza da prendere altri libri di questa autrice (a meno che il futuro non mi riservi qualche sorpresa).

      Per quel che conosco dei tuoi gusti, penso che sarai d'accordo con me. Magari tienilo a mente per un periodo in cui avrai voglia di una lettura tranquilla e non troppo esigente :)

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  8. Mi potresti scrivere un punto o forse due del libro dove si parla di cibo, di ricette, sto cercando "ricette letterarie da tutto il mondo! Grazie Marzia

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    1. In realtà, da quel che ricordo, praticamente il 70% del libro è dedicato al cibo, alla descrizione di come la protagonista cerchi gli ingredienti, li prepari, e poi anche di come presenta il piatto :)
      Tra pagina 83 e 87, ad esempio, descrive una serie di ricette in cui cerca di mescolare cucina occidentale e orientale, per far incontrare i gusti di due clienti particolari.

      Ma appunto, come dicevo, basta aprire una pagina a caso per trovare Ringo che parla di cibo!

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