venerdì 30 novembre 2012

L’Ultimo quadro di Van Gogh–Alan Zamboni

CopertinaLultimoquadrodiVanGogh

Titolo:L’ultimo quadro di Van Gogh
Autore:Alan Zamboni

Anno:2010

Editore:Infinito edizioni
ISBN:978-88-89602-73-7

Pagine:141

Trama:
Nel Luglio del 1891, un uomo appassionato dell’opera di Van Gogh arriva a Auvers-sur-Oise, ultimo luogo di residenza del tormentato pittore, per osservare alcuni quadri e per far luce sugli ultimi giorni di vita del genio olandese, ripercorrendo sia la sua che la propria esistenza.

E’ un bel po’ che medito su cosa scrivere in questa recensione; L’ultimo quadro di Van Gogh è un libro molto particolare, non per lo stile o per altri elementi particolarmente innovativi, ma per il modo in cui la storia di carta si fonde con un’altra storia, fatta di note e voci. Al libro, infatti, è allegato un concept album che ripercorre la vita del pittore e, allo stesso tempo, approfondisce la storia narrata nel romanzo.
Per quanto io ami la musica, non si può dire che sia un campo in cui mi sento “esperta”: in questo caso, tuttavia, cercherò di tenere conto anche di questa importante componente, poiché credo che non farlo sarebbe come privare la storia narrata di una buona parte della sua anima. Spero di riuscire a rendere giustizia al tutto!

Partiamo dall’elemento in cui mi trovo più a mio agio, ovvero quello letterario. Il libro, lo dico subito, è senza infamia e senza lode: una lettura piacevole, che mantiene uno stile di livello medio con alcuni punti di buona qualità.
La scelta di narrare tutto in prima persona è apprezzabile, soprattutto perché il protagonista-narratore (che rimarrà nell’anonimato) ci racconta quello che è il suo viaggio, la sua esperienza: si tratta, quindi, di una decisione dettata dal buon senso e, presumo, dal tentativo di creare una sensazione di forte immersione nella storia. Tuttavia, in certi punti l’autore “scivola” e inserisce pensieri che sarebbero stati più adatti se espressi da un narratore in terza persona: mi hanno dato l’impressione di un’osservazione troppo oggettiva delle situazioni o dei personaggi, risultando così poco naturali, perché nessuno, per quanto tenti di essere distaccato, può prescindere dal proprio punto di vista.
La caratterizzazione dei personaggi è ben fatta: si approfondisce volentieri la loro conoscenza ed è un piacere osservarli muoversi nella Francia dell’ultima parte del XIX secolo. Mi è piaciuto soprattutto come l’autore ha reso Theo Van Gogh, fratello di Vincent: non conosco approfonditamente la sua storia, ma per quel che so mi è sembrato ben presentato e storicamente verisimile. E’ un personaggio pacato, che nasconde gran parte dei suoi tormenti interiori; attraverso lo sguardo del narratore, si fa benvolere in poco tempo.
Paradossalmente, ho trovato che proprio il protagonista narrante sia stato il personaggio meno approfondito. Le sue reazioni e le sue emozioni sono umane, possiamo provare empatia nei suoi confronti, ma tutto sommato rimane piuttosto piatto: di lui, oltre alla sua ossessione per Van Gogh, non si può dire poi molto. Mi è sembrato fosse più legato alla sua funzione (permetterci di esplorare il pittore e il suo ambiente, così come i suoi ultimi giorni di vita), piuttosto che al suo essere una persona a tutto tondo.

Ho trovato molto ben delineate, invece, le ambientazioni e la loro atmosfera. Zamboni riesce a rendere, senza dilungarsi troppo, il fervore della Parigi della fine del secolo, l’aria frizzante per le novità (la Tour Eiffel era stata costruita da poco!), la meraviglia dei caffè e dei conciliaboli che vi si tenevano, la scena artistica poliedrica e incredibilmente densa; oppure, spostandosi in un ambiente totalmente diverso, riesce a dare al lettore la sensazione di opprimente oscurità che aleggia nella camera di Adeline, ragazzina interrogata dall’io narrante sulla morte di Vincent, essendo stata l’ultima persona a vederlo vivo.
Proprio lei, tra l’altro, sarà al centro di un mistero che darà qualche momento di tensione durante la lettura – ma, ovviamente, non vi rivelerò nulla! Mi limito a dire che mi è sembrato che l’autore sia riuscito a metà nel suo intento: certamente sono rimasta sorpresa da quel che si scopre su Adeline, ma non ho gradito allo stesso modo i discorsi riguardanti la fine di Vincent.

Due note finali, infine, su introduzioni, particolarità grafiche e appendici: ho trovato molto utile il glossario, perfetto per chi non è molto informato sul periodo e sulle personalità dell’epoca in cui si svolge il romanzo, ma non sopportavo che tutte le parole straniere, anche i nomi delle vie, di luoghi e di parole ormai ben note (quali “madame” e “monsieur”) fossero scritte in corsivo.
Mi è sembrato un poco eccessivo anche l’inserimento di un’introduzione, una prefazione e una postfazione. Sono molto carine, indubbiamente, ma pare quasi siano state messe lì per “nobilitare” il libro, che invece cammina bene sulle sue gambe, anche grazie al CD – che, per inciso, è davvero particolare e si è rivelato un ottimo ascolto, sia come sottofondo durante la lettura, sia come opera a sé. La musica è suggestiva, perfettamente inserita nello spirito dell’epoca, e i testi non sono da meno.
La musica è stata composta da Alan Zamboni e da Angel Galzerano con la collaborazione di Gianmarco Astori, e tutti e tre sono presenti come interpreti (da musicisti e, nel caso di Zamboni, anche come cantanti) nel CD, in cui partecipa, come lettrice di alcuni frammenti, Anna Maria di Lena.

Ciò che più mi è rimasto di questo libro, alla fin fine, è la profonda passione che l’autore prova nei confronti del pittore olandese – sentimento che ha infuso con forza all’interno della storia. Magari non è riuscito a creare un romanzo perfetto, ma sicuramente è riuscito a far arrivare a me, lettrice, l’ammirazione – che condivido, in tutto e per tutto – per il genio, troppo a lungo incompreso, di Van Gogh.

 

Voto:
stellinestelline
          7

 

Frasi e citazioni che mi hanno colpita…

  • Anche allora non ero riuscito a fare commenti. All’epoca pensai fosse un mio limite, adesso cominciavo a credere che quell’effetto, quella capacità di zittire il banale, fosse invece un sacrosanto privilegio che l’arte si concedeva.
  • Van Gogh era uno straniero e sicuramente nel corso di quei due mesi che aveva vissuto lì non era riuscito a sentirsi a casa sua. Ma forse Vincent era stato straniero ovunque. Aveva viaggiato, come un treno, sostando talvolta in qualche stazione. Un treno fermo in una stazione la identifica come tale, ma non le appartiene. Alla stazione appartiene il silenzio, il vuoto e l’attesa; e ogni volta Vincent ripartiva, forse perché c’era troppo silenzio, troppo vuoto e la gente aspettava sempre qualcos’altro.

Al prossimo post,

Cami

 

P.S. La seconda parte del post sulla mia esperienza a Milano Bookcity verrà pubblicata a breve, se tutto va bene; inoltre, per Dicembre ci saranno altri post speciali… Un indizio? Verteranno di nuovo su alcune mie esperienze presso una certa fiera!

9 commenti:

  1. Mio marito è giapponese e ogni tanto dipinge un pò, si crede il Picasso giappnese:) Addirittura è andato in Oland per vedere il museo di Van Gogh, tanto gli piace questo pittore. Chissà se questo libro esiste in inglese?

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    1. Purtroppo non esiste in lingua inglese, ma sono certa che l'autore amerebbe vedere il proprio lavoro tradotto!

      In ogni caso, essere il Picasso giapponese è una bella responsabilità, eheh :) Scherzi a parte, capisco la fascinazione di tuo marito per Van Gogh, lo amo moltissimo anche io.

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  2. Ma le musiche sono dello stesso Zamboni, o un contributo esterno?
    Comunque la storia di Van Gogh mi intristì parecchio in quel di Amsterdam. Da allora (quasi) ho ridimensionato molto l'idea di "artista famoso". Molti di coloro che oggi studiamo e amiamo erano, in vita, incompresi e sull'orlo della povertà. Questo lato umano nell'arte, che a volte manca, mi piace molto e penso sia interessante l'opera di Zamboni.

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    1. Per fortuna che me l'hai chiesto, mi sono totalmente dimenticata di inserire i dati riferiti al CD! Sono proprio un disastro >.<
      Comunque sì, Zamboni ha contribuito coi testi e mi pare anche con la spartitura, senza contare che suona e canta nella maggior parte dei brani. Il tutto con la collaborazione di altre tre persone, mi pare - mannaggia, appena ho un secondo di tempo aggiorno il post con tutti le informazioni!

      Concordo con quel che dici sul "lato umano nell'arte": è una delle parte che più mi appassionava quando studiavo storia dell'arte a scuola ed è uno dei punti che più amo approfondire quando conosco, oggi, un artista a me ignoto. Trovo che conoscere la loro vita renda le opere più interessanti.
      Nel libro di Zamboni questo stesso concetto lo riprende soprattutto attraverso la descrizione di Theo Van Gogh, il fratello di Vincent, bistrattato quanto lui (perché era un mercante d'arte decisamente all'avanguardia).

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  3. Non ne sapevo nulla di questo libro...certo che un accompagnamento musicale a un libro mi sembra una cosa insolita ma interessante, d'altronde spesso capita di leggere con la musica in sottofondo...

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    1. Anche a me capita, ma raramente, lo ammetto... spesso collego certe canzoni a determinate situazioni/sentimenti e non voglio che influenzino la lettura :)

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  5. Davvero interessante, non lo conoscevo!!
    Io non ascolto mai musica mentre leggo, mi distrae, però mi intriga molto l'idea di una musica creata apposta per il libro...!!
    Sempre pieno di spunti interessanti il tuo blog, Camilla! :))

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    1. Anche io di solito non ascolto musica mentre leggo, ma in questo caso è stato davvero piacevole :) Tra l'altro, il CD si ascolta benissimo anche da solo :)

      Grazie *w*

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