giovedì 13 giugno 2013

Libri DAMARE e un sondaggio per voi(Book Blogger May #5)

Buongiorno a tutti, cari lettori!
Spero che il vostro Giugno sia cominciato nel migliore dei modi; il mio sta andando abbastanza bene, non fosse per gli esami che mi rendono particolarmente nervosa e mi tolgono il tempo che vorrei usare per scrivere nuovi post… E in effetti anche ora, mentre scrivo queste parole, sto rubacchiando un minuto qui e un minuto là – quindi evito di dilungarmi con l’introduzione e vi spiego subito il significato del titolo di quest’ultimo appuntamento con il Book Blogger May!
Si tratta di un semplice gioco di parole tra “libri da amare” e “libri da mare”, per accogliere al meglio l’estate e cominciare a pensare a quali libri porteremo con noi in vacanza. Io dovrò rimanere in città almeno fino a metà Luglio, ma non vedo l’ora di fare le valigie e di andare a passare un paio di settimane in Liguria, sdraiata in spiaggia con una granita ghiacciata e, ovviamente, un bel libro.
Ho pensato, quindi, di condividere con voi i libri che sicuramente mi porterò dietro!
Si tratterà principalmente di letture leggere, dato che dovrò riprendermi da questa sessione d’esami infuocata (mi sta prosciugando di tutte le mie forze…), ma ho scelto anche qualche classico da assaporare la sera, quando cala l’arsura e le rotelle del mio cervello girano con più facilità.
Ecco qui i prescelti!
Dall’alto verso il basso:
  • Pride and prejudice – Jane Austen
  • Sessanta racconti – Dino Buzzati
  • Pietr il lettone – Georges Simenon
  • Stories . All new tales edited by Neil Gaiman and Al Sarrantonio
  • Il seggio vacante – J.K. Rowling
  • Artemis Fowl . La trappola del tempo – Eoin Colfer
  • Il guerriero di Roma . Sole bianco – Harry Sidebottom

Ho scelto sette libri perché in fondo starò al mare solo due settimane, quindi tre libri e mezzo per settimana mi è sembrato un numero più che sufficiente – anche perché spero di poter fare tante belle passeggiate e di vedermi con alcune carissime amiche. C’è la remota possibilità che riesca a stare al mare anche una terza settimana (ne dubito, purtroppo), e in tal caso ho già qualche titolo di riserva da portarmi dietro (ovvero Viaggio in Irlanda di John M. Synge  e Addio, e grazie per tutto il pesce di Douglas N. Adams).
Ho scelto questi libri per svariate ragioni: i racconti perché sono perfetti da sbocconcellare tra un bagno in mare e l’altro, qualche seguito di serie (quella di Artemis Fowl, fantasy divertente che si legge senza pensieri, e quella de Il guerriero di Roma, piena d’azione e avventura) perché sono letture di puro intrattenimento, un giallo perché fa tanto Estate, l’ultima fatica della Rowling perché non posso credere di non averlo ancora letto e perché è un bel mattoncino, e una storia d’amore, perché in fondo anche io ho un animo romantico.
Tra le altre cose, spero di poter sfruttare questi momenti di riposo per scrivere qualche recensione – ed è qui che entrate in scena voi!
Non mi andava di limitarmi a un semplice elenco di libri e motivazioni, così ho deciso di affidarvi le sorti di un piccolo sondaggio, con cui deciderete quali saranno le recensioni che vedrete durante Luglio e Agosto. In fondo Bibliomania vive grazie a voi, quindi darvi la possibilità di esprimere una preferenza mi sembra giusto!
Il libro più votato (da qui alla fine di Giugno) sarà il primo a essere recensito a Luglio, poi ci sarà il secondo più votato, e così via. I libri che vi propongo sono sei:

[Sondaggio Google Terminato]

E ora scappo via, torno subito a studiare!
So di essere un po’ assente in quest’ultimo periodo, ma è davvero una sessione di fuoco – forse sto subendo un po’ troppo la pressione. Non vedo l’ora di potermi dedicare a un po’ di sana lettura extra-scolastica.
Nel frattempo, sappiate che Bibliomania è sempre nei miei pensieri, come tutti voi, del resto!
Un abbraccio,
Cami

domenica 2 giugno 2013

Soffocare–Chuck Palahniuk (+ Book Blogger May #4)

Titolo:Soffocare (originale: Choke)
Autore:Cuck Palahniuk

Anno:2001

Editore:
Arnoldo Mondadori Editore 
Traduzione:
Matteo Colombo 
ISBN:
978-88-04-52438-0

Pagine:
280

Trama:
Victor Mancini, studente di medicina fallito, sessuomane incallito e povero in canna, ha trovato un modo per guadagnare entrate extra con cui pagare la casa di cura della madre: fingere di soffocare in diversi ristoranti e farsi “adottare” dal salvatore di turno…

Soffocare ti accoglie con uno degli incipit più strani e dissacranti che possa capitare di leggere. Un incipit che ti chiede di lasciar stare, di andarsene; di allontanarsi da una storia come quella che sta per svolgersi tra le nostre mani.
Inutile dire che qualunque lettore, dopo un esordio così, non può che continuare a leggere, facendosi nel frattempo una domanda: “riuscirà a parlarmi davvero della stupida storia di vita vissuta di un tizio che mai al mondo vorresti conoscere?”.
Per quanto mi riguarda, la risposta è . E in modi totalmente diversi da quello che suggeriva la quarta di copertina, che racconta solo una piccola parte di quello che accade in questo romanzo.

Questo libro racconta la storia di Victor Mancini, il narratore, un sessuomane senza alcuna prospettiva non solo nel lavoro, ma anche nella vita. Victor sembra bloccato in un limbo senza via d’uscita, sia per cause indipendenti da lui, sia per i problemi in cui sembra crogiolarsi con cinismo e, a tratti, con goduria.
A volte questi due tipi di cause sembrano intrecciarsi in modo paradossale; ad esempio nel rapporto con sua madre, Ida, ricoverata in una casa di cura. Per poterla tenere in una struttura medica di buon livello, Victor è costretto a tenere un lavoro che odia profondamente (ovvero il ruolo di figurante in una raffigurazione storica per turisti), senza contare che comunque la madre lo riconosce solo una volta ogni tanto – oltre al danno, la beffa, come si suol dire. Quindi, apparentemente, sua madre è una delle “cause esterne” che gli impedisce di potersi concentrare sul proprio recupero; eppure, è innegabile che Victor sia, in un certo senso, felice di avere un motivo vero e tangibile da usare come scusa per il suo mancato tentativo di miglioramento.
Il rapporto madre-figlio è sicuramente uno dei punti focali del libro, sia nel presente narrativo, sia attraverso alcuni flashback che ci mostrano l’infanzia di Victor, alcuni degli episodi che l’hanno portato ad essere quel che è – e che un poco lo scagionano da tutte le accuse di immobilismo che gli ho fatto, a voler essere del tutto sinceri. Ida Mancini, infatti, non è in casa di cura solo per la sua età avanzata, ma anche e soprattutto per i problemi psichici che ha sempre avuto e per una passata dipendenza dalla droga; fatti che non le hanno impedito, tuttavia, di andare più volte “a riprendersi” il figlio, prelevandolo dalle famiglie affidatarie e portandolo con sé in giro per il U.S.A.
E’ un personaggio molto particolare, il suo. Nel leggere quello che ha fatto nel passato non si può che essere consci dei suoi disturbi – in particolare la paranoia (o disturbo delirante, secondo una terminologia più corretta), che unendosi alle sue convinzioni anarchiche la porta a combattere contro tutto e tutti, a vedere nemici nascosti ovunque, a voler “addestrare” Victor per riconoscere i messaggi in codice negli annunci trasmessi dall’altoparlante dei centri commerciali. Eppure, nella sua follia, sembra possedere alcuni momenti di lucidità incredibile, quasi inquietante per la verità che sembra nascondersi nelle sue parole.

Alla luce di queste considerazioni riesce senz’altro più chiara la comprensione dello stratagemma di Victor, l’azione che da il titolo a questo romanzo: una recita in cui il nostro protagonista si soffoca volontariamente con un pezzo di cibo troppo grande, per farsi salvare da uno degli altri avventori presenti.
Non è solo per racimolare soldi per la casa di cura – soldi che i salvatori inviano con piacere, memori del loro momento di gloria; è per sentirsi amato, per rivivere il momento in cui, scampato un pericolo, c’è chi ti culla e ti sussurra che andrà tutto bene. Schiacciato dal mondo e dall’impossibilità di stabilire una vera relazione, basata sull’affetto, questo è l’unico modo che ha trovato per riuscire a riceverne almeno un poco.

La mania sessuale di Victor è totalmente slegata da questa ricerca: il suo bisogno di contatto fisico nasce dalla sensazione di soddisfazione data dall’orgasmo, capace di straniarlo e concedergli i momenti di pace che non è in grado di trovare altrimenti. La dimensione affettiva e quella fisica sono talmente scisse, nella sua mente, che gli risulta praticamente impossibile unire i due concetti.

Attorno all’universo disfunzionale di Victor ruotano altri due personaggi piuttosto importanti: Denny, amico e collega, e Paige Marshall, una donna che conoscerà durante le visite alla madre.
Il primo è un omaccione stolido e sessuomane quanto Victor; frequentano insieme le riunioni per la riabilitazione e i locali di spogliarelliste. Sembrerebbe avere una vita interiore meno complessa di quella del protagonista, eppure saprà essere molto più propositivo di quanto sia possibile aspettarsi. In certi casi il rapporto tra i due mi è sembrato quasi “distante”, come se fossero amici più per le similitudini delle loro vite disastrate che per altro; d’altronde, Victor è anche un po’ invidioso del suo avere una famiglia e, secondo me, lo è anche dei suoi tentativi di riprendersi – che saranno pure ingenui e un po’ idioti, ma sono più di quanto faccia lui.
Della seconda vorrei poter parlare, ma la verità è che quando penso a lei mi viene solo da dire che Palahniuk ha avuto un’idea geniale e abbastanza assurda da poter funzionare – che poi, a ben pensarci, potrebbe essere la versione abbreviata di tutto il mio commento dedicato a questo libro.

Pare che questa, tra l’altro, sia una costante dell’autore, assieme ai temi abbastanza scabrosi e alle scene dal forte impatto visivo. Si tratta indubbiamente di una storia caratterizzata da episodi tutt’altro che all’acqua di rose: non ne consiglio la lettura a chi ha problemi nel leggere descrizioni di pratiche sessuali particolari, perché, benché non siano descrizioni troppo dettagliate, potrebbero senz’altro risultare disturbanti per gli animi più sensibili.
Tuttavia, mi preme sottolineare che non ci sono scene “gratuite”, per così dire; tutti gli incontri, gli aneddoti a sfondo sessuale, le storie delle sedute di riabilitazione, sono descritti nel tentativo di portare avanti la storia o di scoprire un altro lato di Victor. Una sorta di introspezione psicologica molto fisica, e perdonatemi questo paradosso un po’ azzardato.
Il linguaggio usato da Palahniuk è ben modellato e adatto al suo narratore – diretto, spesso ironico, sboccato in certi punti, più acculturato in altri, reso particolare da determinate scelte stilistiche che ho trovato perfette per sottolineare i processi logici di Victor (come quando pensa a una parola e dice che non è quella esatta, ma non [gliene] viene in mente un’altra, oppure quando usa delle formule mnemoniche, o quando ragiona per elenchi e per sintomi medici).

Personalmente, a meno che non siate particolarmente sensibili agli argomenti citati, vi consiglio di provare a leggere questo libro. Il nucleo centrale di tutto è la narrazione di un uomo che non riesce a vedere il proprio futuro oltre al giorno successivo, che cerca una sorta di redenzione facendo il capro espiatorio di tutti, che vuole trovare del vero affetto – forse riuscendoci, forse no; insomma, è la storia di mille cadute e di qualche risalita.

Voto: 
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           8,5

Concludo la recensione parlandovi, eccezionalmente, del film tratto dal libro. L’occasione mi è data dal quarto appuntamento col Book Blogger May, il cui tema è Trasposizioni cinematografiche: sì o no?

Soffocare è un libro oggettivamente difficile da rendere su pellicola e Clark Gregg, come sceneggiatore e regista, è riuscito a fare un lavoro apprezzabile. Ero curiosa di vedere il risultato finale perché, onestamente, mi era difficile unire l’idea che mi ero fatta di Gregg a una storia così esplicita – insomma, per una parte di me lui sarà sempre l’agente Coulson!
Detto questo, passiamo a vedere cosa funziona e cosa non funziona in questo adattamento, girato nel 2008.
Uno dei punti di forza è sicuramente il cast, assolutamente ben assemblato: Sam Rockwell è un ottimo Victor e riesce a fornire un’interpretazione convincente anche durante le scene più esplicite, Anjelica Huston riesce a dare vita a Ida Mancini sia nella sua versione più anziana che nei flashback, con uguale intensità, e i comprimari sono un valore aggiunto non indifferente. Notevoli lo stesso Gregg, che si è ritagliato un particina come supervisore di Victor e che risulta divertente nella sua rigida contrapposizione con il personaggio di Rockwell, e Gillian Jacobs, che interpreta davvero bene la ballerina Cherry Daiquiri, rimanendo impressa pur avendo un minutaggio piuttosto scarso.
L’unica che mi ha deluso è stata Kelly Macdonald, che ha dato vita a una Paige Marshall moscia e senza alcun mordente.
Non mi ha convinto del tutto, invece, il “ritmo” del film, molto più veloce rispetto a quello del libro. Il cambio di velocità si adatta bene allo spirito che si è scelto di adottare nella trasposizione cinematografica, tuttavia mi è sembrato che appiattisse una caratteristica che avevo apprezzato molto nel libro, ovvero la stratificazione della storia e dei personaggi.
Il film, infatti, pur mantenendosi molto rispettoso nei confronti della trama (alcuni episodi riportano i dialoghi della versione cartacea, pari pari – cosa decisamente rara), ha preso una direzione più comica e, in un certo senso, leggera; così, benché non manchino le scene decisamente molto esplicite, il film risulta meno forte del libro, e anche più semplificato.
Il finale, infine, non mi è piaciuto molto – è l’unico punto in cui la storia è stata rimaneggiata e ha cambiato totalmente la percezione di ciò che avviene prima. Palahniuk, con il suo finale, mi ha comunicato tutt’altro!

E quindi? direte. Non hai mica risposta alla domanda di Fragola!
Ora lo faccio, tranquilli. Volevo prima parlarvi un po’ di quello che ho pensato di questo film perché trovo sia un ottimo esempio per esprimere quello che è il mio pensiero, ovvero: ben vengano le trasposizioni cinematografiche, ma sempre tenendo a mente che si parla di due medium totalmente diversi e di persone altrettanto diverse adibite alla creazione e realizzazione di una storia.
Gregg non è Palahniuk e quindi non avrebbe potuto restituirci la stessa storia – ci ha dato, piuttosto, il suo punto di vista nei confronti di questa storia. Io ho guardato il film secondo questa prospettiva e l’ho apprezzato – un po’ meno del libro, con cui un confronto sommario è inevitabile, ma che non deve impedirci di notare le caratteristiche personali della trasposizione – in questo caso come tutti gli altri.

E con questo chiudo il post; è piuttosto lunghino, ma spero mi perdonerete, in virtù del doppio argomento. Vi lascio alle mie citazioni preferite, ci risentiamo presto con l’ultimo appuntamento del Book Blogger May!

 

Frasi e citazioni (del libro!) che mi hanno colpita…

  • Se stai per metterti a leggere, evita.
    Tra un paio di pagine vorrai essere da un’altra parte. Perciò lascia perdere. Vattene. Sparisci, finché sei ancora intero.
    Salvati.
    Ci sarà pure qualcosa di meglio alla tv. Oppure, se proprio hai del tempo da buttare, che so, potresti iscriverti a un corso serale. Diventare un dottore. Così magari riesci a tirare su due soldi. Ti regali una cena fuori. Ti tingi i capelli.
    Tanto, ringiovanire non ringiovanisci.
    Quello che succede qui all’inizio ti farà incazzare. E poi sarà sempre peggio.
  • E’ inquietante, ma in un certo senso io qui mi ci vedo per il resto dei miei giorni. Come prospettiva è rassicurante, io e Denny che ci lamentiamo delle stesse stronzate, per sempre. In via di disintossicazione, per sempre. E’ vero, io resto qui a fargli la guardia, ma volendo dirla tutta preferisco di gran lunga vedere Denny alla gogna che permettergli di farsi cacciare, mollandomi qui.
    Più che un buon amico direi che sono il dottore a cui piace sistemarti la schiena ogni settimana.
    O il pusher che ti vende l’eroina.
    ”Parassita” non è la parola esatta, ma è la prima che viene in mente.
    La parrucca di Denny si spiaccica al suolo, un’altra volta. La parola “fanculo” si spande rossa sotto la pioggia, scorre giù rosa dietro le orecchie blu dal freddo, si disfa in rivoli rosa intorno agli occhi e sulle guance, gocciola rosa nel fango.
    Si sente solo la pioggia, acqua che cade su pozzanghere, su tetti di paglia, su di noi, erosione.
    Più che un buon amico direi che sono il tuo salvatore che vuole essere adorato in eterno.
  • Pensò al Tarzan ciccione, alla scimmia e alle castagne. A come quell’uomo fosse riuscito lo stesso a sorridere. Al fatto che l’umiliazione è vera umiliazione soltanto quando si sceglie di soffrire.
  • E per un istante brevissimo dall’altoparlante esce la voce di mia madre, che dice: «Ho passato la vita a definirmi sulla base di ciò contro cui mi battevo».
  • Il linguaggio, disse, altro non è che il nostro personale modo di spiegare lo splendore e la meraviglia del mondo. Per decostruirlo. Liquidarlo. Diceva che la gente non è in grado di reggere la vera bellezza del mondo. Il fatto che non possa essere spiegata o compresa.
  • E non esistendo la possibilità che si verifichi una catastrofe vera, un rischio vero, ci è preclusa anche ogni possibilità di salvezza vera. Ebbrezza vera. Eccitazione vera. Gioia. Scoperta. Invenzione. […]
    Se non possiamo accedere al caos autentico, non avremo mai autentica pace.
  • Non è che prima dovrebbe fare un disegno su carta? Gli dico: non ti serve un progetto? Ci voglio permessi, sopralluoghi. Bisogna pagare le tasse. C’è un regolamento edilizio da rispettare.
    E Denny dice: «E perché?».
    Sposta alcuni pietre con un piede, trova quella più adatta e la sistema al suo posto. Per dipingere un quadro mica hai bisogno di un permesso, dice. Per scrivere un libro mica devi fare un progetto. Ci sono libri che possono fare molti più danni di quelli che potrebbe fare lui. Una poesia non ha bisogno di sopralluoghi. Esiste una cosa chiamata libertà d’espressione:
    Denny dice: «Per fare un bambino non serve un permesso. Perché mai uno dovrebbe chiederlo per costruire una casa?».
    E io gli dico: «E se poi costruisci una casa pericolosa, oppure brutta?».
    E Denny dice: «Be’, e se un figlio ti viene su pericoloso, oppure stronzo?».
  • Forse ogni volta che facciamo un piccolo sforzo ci stiamo allenando per fare miracoli veri.
  • Di qui a un minuto, due braccia mi cingeranno da dietro. Ino sconosciuto mi stringerà forte, premendomi entrambi i pugni sotto la gabbia toracica e sibilandomi all’orecchio: «Forza».
    […]
    Chiunque sia, quella persona ti amerà.
    Chiunque sia, sarà fiera di te. Anche se magari i tuoi veri genitori non lo sono. Questa persona sarà fiera di te perché tu l’hai fatta sentire fiera di se stessa.