lunedì 28 gennaio 2013

Thomas Jay–Alessandra Libutti

Thomas Jay - A. Libutti

Titolo:Thomas Jay
Autore:Alessandra Libutti

Anno:2012

Editore:Fazi Editore
ISBN:978-88-64112-21-3

Pagine:291

Trama:
Thomas Jay non è un comune detenuto. Scrittore di culto, da più di metà della sua vita in carcere, sta raccontando la propria storia a Ailie, studentessa universitaria alle prese con una tesi sulle sue opere. Schiacciato dalla non-vita della prigione, può cercare un solo modo per riappropriarsi di sé: la letteratura.

Quello che mi ha incuriosita subito, leggendo la presentazione del libro nel post per la catena di lettura, è stata la centralità della letteratura nella trama. Non solo il protagonista è uno scrittore, ma anche gli altri personaggi principali sono collegati al mondo dei libri, in un modo o nell’altro.
Tuttavia, è innegabile che si corre un grosso rischio scegliendo di raccontare, in forma romanzata, il processo che si nasconde dietro la scrittura. Avvicinandosi alla meta-narrazione si può finire per dare alle stampe qualcosa di più vicino a un manuale, o peggio, a un panegirico dello scrittore-personaggio (e, nei casi peggiori, anche dello scrittore-autore), piuttosto che a un buon romanzo.
Alessandra Libutti ha affrontato piuttosto bene queste problematiche – specie considerando che questo è il suo romanzo d’esordio – ma non è riuscita a sfuggir loro del tutto.

Benché il risultato finale sia apprezzabile, infatti, non ho potuto fare a meno di pensare che tutto il libro sia stato scritto più per parlare di Thomas Jay lo Scrittore, dal primo romanzo alla produzione matura, più che per raccontare la vita di Thomas Jay il Personaggio.
Per carità, io per prima ho adorato i titoli e le idee che stanno alla base dei libri di Thomas Jay: sono pseudobiblia meravigliosi, di quelli che vorresti poter comprare in libreria. Tuttavia, in particolare nella terza parte del romanzo, mi è sembrato che l’analisi dell’attività letteraria del protagonista sia stata un po’ troppo pervasiva, a scapito di un effettivo sviluppo della trama.
Personalmente, pur mantenendo alcune delle parti più marcatamente letterarie (che talvolta sono veramente interessanti), avrei sfruttato quelle pagine per approfondire un pochino di più l’unico personaggio che non mi ha del tutto convinto: Ailie.

Ho provato sentimenti altalenanti nei suoi confronti: da una parte, ho scorto una donna che sta ancora cercando di scoprirsi, di superare le proprie esperienze negative, di affermarsi come sé – un percorso che porterà avanti anche leggendo i libri del protagonista, cui dedicherà la propria tesi di laurea. Dall’altra, invece, mi è sembrato che in certi punti il suo personaggio venga appiattito dalla funzione “catalizzatrice” che ha nei confronti di Thomas Jay – quasi come se la sua unica ragion d’essere in questo libro fosse la rinascita dello scrittore; come se, in sostanza, fosse più un meccanismo della trama che un vero personaggio.
Un vero peccato, perché nei momenti migliori è un personaggi sfaccettato e interessante, in grado di tenere testa al carattere difficile di Thomas Jay.

Gli altri personaggi, in generale, mi sono piaciuti. Pochi e ben definiti – sia che si tratti di figure più particolari come Samuel Atkins (professore autoritario e fortemente sicuro di sé, scopritore di Thomas e relatore di Ailie), sia che richiamino un poco qualche cliché (penso in particolare a Max, tipico burbero dal cuore d’oro, povero ma erudito, che nonostante la caratterizzazione lievemente stereotipata mi è piaciuto molto).

Su tutti loro, però, regna indiscusso Thomas Jay, alias Stefano Lorenzini: il protagonista, lo scrittore, il narratore.
E’ lui stesso a raccontarci la storia della sua vita, sotto forma di lunghe lettere, e lo fa mettendo nero su bianco tutti i suoi sbagli e i suoi successi. Costretto a passare gran parte della sua vita in carcere, spesso sottoposto a un trattamento che non definirei umano, la sua esistenza è attraversata da un tema chiave, il paradossale fondamento di ogni sua azione: la lotta per la libertà, come diretta conseguenza della ricerca di un senso per le nostre vite. Uno scontro continuo, violento, sempre seguito dalla sconfitta e poi dalla ripresa, perché arrendersi significherebbe condannare sé stessi a una dannazione perpetua. Uno degli “strumenti bellici” preferiti dal nostro protagonista è, ovviamente, la letteratura: come ogni arma, sarà sia fonte di protezione, sia di dolore.

Stefano vive in condizioni inusuali ed estreme, perciò la sua non può che essere una lotta ai confini del sostenibile – confini, tra l’altro, spesso e volentieri superati; e sa benissimo di non poter resistere ancora per molto, ma sa anche che sono state le sue scelte, nella maggior parte dei casi, a portarlo alla situazione in cui si trova. Per cui stringe i denti e va avanti, costruendosi una corazza sempre più spessa.
Non risulta sempre simpatico o piacevole, anzi: a volte l’ho trovato antipatico e avrei voluto dargli una scrollata, soprattutto in certi punti in cui sembra porsi come unico detentore di chissà che verità. Tuttavia, essendo in linea con la caratterizzazione del personaggio, questo l’ha reso solo più reale ai miei occhi.

Il merito va anche, senza dubbio, allo stile dell’autrice. Riesce a rendere la scrittura personale di una corrispondenza epistolare, senza perdersi in termini altisonanti e chissà quali costruzioni arzigogolate, pur mantenendo il sentore di una certa cura formale - è pur sempre uno scrittore che redige queste lettere!
Mi è sembrato, inoltre, che sia riuscita piuttosto bene a rendere la psiche maschile; ma, essendo anche io una donna, non saprei dire quanto questa mia impressione sia veritiera.

Nonostante tutti questi pregi, però, rimangono i difetti di cui ho parlato all’inizio della recensione: per questo il voto finale non sarà particolarmente alto.
Mi spiace più di quanto lasci trasparire, perché in generale i componenti, analizzati di per sé, sono lodevoli – tanto che avrei anche potuto soprassedere un poco alle imperfezioni sopra citate; tuttavia, è l’insieme che non sempre è riuscito a convincermi del tutto. Ci sono punti in cui il libro scorre, pieno di passione e forza, entusiasmante nella sua bellezza; e poi ci sono parti che si trascinano, pesanti, come se l’autrice non sapesse bene come arrivare da una svolta della storia all’altra – facendo affondare quel che c’è di buono.
Tento di spiegarmi meglio, e perdonatemi se per farlo uso una metafora culinaria: è come se gli ingredienti fossero tutti di ottima qualità, ma la cuoca, distraendosi un attimo, avesse fatto bruciacchiare la torta.

E’ per questo che nutro grandi aspettative nei confronti di Alessandra Libutti: la base è lì, è ottima, c’è! Se continuerà a scrivere, credo proprio che potrebbe rivelarsi un grande talento.
Personalmente, spero di poter leggere presto qualcos’altro di suo e di poter confermare queste mie impressioni.


Voto:
stellinestelline
           7

 

Frasi e citazioni che mi hanno colpita…

  • Da lei ho imparato ad amare la vita anche quando non mi era rimasta che quella.
  • E io per trent’anni avrei continuato a scavalcare i muri, anche quando i cancelli erano aperti.
  • Abbandonato in una cella, vomitato dal mondo, inutile a me stesso e agli altri, senza riuscire a intravedere un futuro al di là di quella porta, mi interrogavo su un nodo cruciale della questione: perché ero nato. Insomma, avevo una matassa abbastanza ingarbugliata da sciogliere. Bisognava ragionarci bene.
    Nel mondo ogni creatura, per quanto insignificante, sembrava trovare il suo scopo, inserita in un disegno casuale o divino ma funzionale. […] Potevo essere io l’unica eccezione?
    Così, come un angelo caduto che ricerca la via del paradiso, io cercavo la via della vita e, perdendomi nei meccanismi oscuri che governano la natura, scivolavo tra Einstein e il Padreterno, dondolando ora verso l’uno e ora verso l’altro, reclamando una risposta. Ma non sembravano potermi aiutare. Il primo benevolmente mi diceva: «Thomas Jay, Thomas Jay, è il caso che regola l’universo». Allora gli rispondevo: «Se è così, me lo spieghi io che ci sto a fare?», e Einstein alzava le braccia al cielo e mi spiegava che tutto era relativo. Il secondo, invece, dall’alto dei cieli, tuonava: «Ogni creatura è parte di un mio progetto». E io, un po’ smarrito e confuso, timidamente domandavo: «Scusa, allora me lo dici quale rotella di questo maestoso ingranaggio devo far girare?». Ma Dio altezzosamente si voltava dall’altra parte perché non aveva pazienza con chi non aveva fede. C’era poi Newton a fottere completamente il povero angioletto, mostrandomi una pallina che cadeva. «E’ tutta una questione di causa ed effetto». […] Ero fregato.
  • I miei romanzi li aveva letti nelle sale d’attesa degli aeroporti, nei pomeriggi solitari al bordo delle piscine, seduta sulle casse ancora da disimballare.
    Mi disse: «Non eri solo un ideale, eri la parte di me che non sapeva parlare».


Come sempre, vi auguro buone letture!


A presto,

Cami

6 commenti:

  1. Subito un'altra recensione, brava Cami! Non conosco questo libro, ho visto però che è stato finalista al premio Calvino.
    La trama sinceramente non mi persuade... L'hai ricevuto dall'autrice?

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    1. Grazie Vin, per la felicità di riavere il blog mi sono messa a preparare post in quantità!

      Sì, anzi, volendo essere più precisi l'ho richiesto attraverso una catena di lettura su Anobii. Per la trama, se ti riferisci a quella da me riportata, temo di non aver fatto giustizia al libro; a volte riuscire a ridurre una storia in poche righe (così da adattarla allo schema iniziale) si rivela essere un'ardua impresa!

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    2. L'idea in sé non mi attira, dello scrittore che ha passato metà della sua vita in carcere che si mette a raccontare di se stesso in forma epistolare, magari leggendolo poi potrebbe catturarmi... Non sarebbe la prima volta di libri che inizialmente non mi convincevano e poi si sono rivelati molto belli! :)

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    3. Uhm, se non ti attira onestamente non me la sento di consigliartelo a priori; al massimo, se ti capiterà sotto mano, prova a leggerne qualche pagina e vedere come va ;)

      Tra l'altro, senza saperlo, hai tirato fuori un argomento che riprenderò presto in uno dei prossimi post :D

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