Autore:Ian McEwan
Anno:1998
Editore:Nan A. Talese - Doubleday
ISBN:0-385-49423-8
Pagine:193
Trama:Clive Linley, compositore di grande successo, e Vernon Halliday, editor del giornare The Judge, si ritrovano al funerale di Molly, di cui sono stati entrambi amanti. Parte da questo incontro tra amici di lunga data, apparentemente normale, una sequenza di eventi e decisioni che porteranno i due protagonisti ad un inaspettato e sorprendente finale ad Amsterdam.
Ciò che rimane impresso di questo romanzo, dopo averlo finito, è la sensazione di sorpresa. Tutto ciò che accade in questo libro, infatti, porta al lettore la percezione di trovarsi sempre di fronte ad uno sviluppo inaspettato; ovviamente, questo non fa che accrescere la mia ammirazione nei confronti di McEwan, che aveva già dato prova di sè, per quanto mi riguarda, con il magnifico Espiazione.
Inoltre, avendo letto questo libro in lingua originale, ho potuto immergermi completamente nella poetica dell'autore, che utilizza un inglese non troppo difficile per quanto riguarda la sintassi, ma che si rivela particolarissimo quando si parla di ritmo, cambi di tono, passaggi di narrazione. E' qualcosa che si sente, quando si legge un libro di McEwan, anche in italiano (sebbene, com'è ovvio, il testo originale conservi quel "non so che" in più); e questo è merito di chi traduce, che riesce a trasportare la cadenza particolare dell'autore nella nostra lingua. Complimenti, quindi, a Susanna Basso, la traduttrice, che tra l'altro si è occupata anche di altri ottimi autori, oltre ad aver pubblicato un libro sul suo mestiere. Ma ora torniamo ad Amsterdam.
Anno:1998
Editore:Nan A. Talese - Doubleday
ISBN:0-385-49423-8
Pagine:193
Trama:Clive Linley, compositore di grande successo, e Vernon Halliday, editor del giornare The Judge, si ritrovano al funerale di Molly, di cui sono stati entrambi amanti. Parte da questo incontro tra amici di lunga data, apparentemente normale, una sequenza di eventi e decisioni che porteranno i due protagonisti ad un inaspettato e sorprendente finale ad Amsterdam.
Ciò che rimane impresso di questo romanzo, dopo averlo finito, è la sensazione di sorpresa. Tutto ciò che accade in questo libro, infatti, porta al lettore la percezione di trovarsi sempre di fronte ad uno sviluppo inaspettato; ovviamente, questo non fa che accrescere la mia ammirazione nei confronti di McEwan, che aveva già dato prova di sè, per quanto mi riguarda, con il magnifico Espiazione.
Inoltre, avendo letto questo libro in lingua originale, ho potuto immergermi completamente nella poetica dell'autore, che utilizza un inglese non troppo difficile per quanto riguarda la sintassi, ma che si rivela particolarissimo quando si parla di ritmo, cambi di tono, passaggi di narrazione. E' qualcosa che si sente, quando si legge un libro di McEwan, anche in italiano (sebbene, com'è ovvio, il testo originale conservi quel "non so che" in più); e questo è merito di chi traduce, che riesce a trasportare la cadenza particolare dell'autore nella nostra lingua. Complimenti, quindi, a Susanna Basso, la traduttrice, che tra l'altro si è occupata anche di altri ottimi autori, oltre ad aver pubblicato un libro sul suo mestiere. Ma ora torniamo ad Amsterdam.
Tuttavia, come dicevo, Molly è più che altro una scintilla, il primo ingranaggio del complesso meccanismo narrativo: un catalizzatore che dà inizio alle reazioni ma che poi non arriverà a farne davvero parte. Quelli che si potrebbero definire "protagonisti principali" della storia sono tre: Clive, Vernon, e Julian Garmony, politico molto legato a Molly.
Dico "potrebbero" perchè in realtà sembra quasi che ogni personaggio proposto sia contemporaneamente la figura principale del libro e un personaggio secondario molto ben caratterizzato: ognuno ha il suo momento di gloria e ognuno si deve fare da parte, quando la sequenza narrativa porta il narratore onnisciente a spostare la propria attenzione su un altro personaggio.
Tutto ciò, grazie all'abilità di McEwan nel destreggiarsi tra vari punti di vista, porta anche ad avere una caratterizzazione molto particolare, che ci fornisce di ognuno un ritratto che si muove su due binari: come si vede il soggetto e come viene visto il soggetto. Ci consente di conoscere tutti attraverso varie sfaccettature e li rende vivi, reali, non stereotipati; allo stesso modo, ovviamente, le dinamiche tra di loro vengono approfondite.
Tutto questo, unito agli avvenimenti che questi personaggi condividono, porta anche a riflessioni su alcuni degli aspetti etici più vicini alla sensibilità umana: il diritto ad essere ciò che si vuole, alla privacy, all'informazione. Il diritto di agire o non agire, il diritto di morire, il diritto di scegliere. La forza dei sentimenti, dell'arte, della paura. Temi che ci vengono proposti senza calcar la mano, ma insinuando il dubbio.
E' senza dubbio il segno della grandezza di McEwan, sia a livello di letteratura (per come il tema viene proposto, sotto forma così intrigante), sia a livello umano (perchè, secondo me, inserendo queste domande ataviche McEwan ci mette a conoscenza di ciò che lui stesso, come ogni uomo, si domanda).
Ovviamente queste domande sono quelle che si pongono i protagonisti: ad esempio Clive, che è un musicista molto conosciuto, in procinto di affrontare un incarico molto importante, in una scena incarna perfettamente l'indecisione tra l'agire e il rimanere fermi. E' riflessivo, segue l'attimo che lo ispira, appare talvolta dubbioso; lo sento molto vicino a me, come persona, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Vernon, invece, così cinico e alla ricerca del successo, è più distante da me: parlando a livello generale, devo ammettere che, durante il dipanarsi della trama, mi rendevo conto di "tifare" più per Clive che per Vernon, nonostante avessero entrambi le loro buone ragioni.
Garmony invece mi suscita una sorta di ambivalenza: all'inizio è odioso, ma poi, svelando le sue debolezze, non può che far riflettere, rivelandoci un lato umano che non ci si aspettava. Questo passaggio avviene soprattutto grazie alla moglie, Rose Garmony, personaggio più defilato che ho trovato magistrale. E' presente, in totale, in una ventina di pagine circa, e mi ha colpita con un'intensità incredibile. Il discorso che fa in queste pagine, il punto di vista che mostra al lettore, sono, insieme al finale, alcuni dei momenti di maggior forza e bellezza del romanzo.
Il finale, appunto. La quarta di copertina avverte il lettore: "And why Amsterdam? What happens there to Clive and Vernon is the most delicious climax of a novel brimming with surprise". Solo che solitamente si sa che non sempre queste sono veritiere o ben scritte, quindi ci si dà poco conto; e invece, per una volta, ha avuto pienamente ragione.
Perchè, come in un crescendo musicale, la fine è la nota più alta e perfetta di questo romanzo: ci si arriva con tensione, incredulità (nel senso buono, ovvio) e una sorta di presentimento.
Non si può fare a meno di sgranare gli occhi e stupirsi, anche se si sospettava qualcosa, anche se forse il nostro inconscio aveva già raggiunto la giusta conclusione; insomma, un ottimo colpa di scena.
Un libro di Ian McEwan diverso da quello che avevo già letto in precedenza, ma che conferma le sue ottime capacità di narratore e romanziere, oltre che la sua abilità nella creazione di momenti incredibilmente lirici; a tal punto che sicuramente mi procurerò altri suoi libri da leggere!
Voto:
8,5
Frasi e Citazioni che mi hanno colpita...
- There wasn't really much else to do. Make something, and die.
- This particular kind of desolation, a painful constriction right behind his face, above the roof of his mouth, he hasn't known since childhood, since prep school. Homesick for Molly. He concealed a gasp of self-pity behind a loud adult cough.
- But now it appeared that this was what it really was - square miles of meager modern houses whose principal purpose was the support of TV aerials and dishes; factories producing worthless junk to be advertised on the television and, in dismal lost, lorris queuing to distribute it; and everywhere else, roads and the tyranny of traffic. It looked like a raucous dinner party the morning after. No one would have wished it this way, but no one had been asked. Nobody planned it, nobody wanted it, but most people had to live in it. To watch it mile after mile, who would have guessed that kindness or the imagination, that Purcell or Britten, Shakespeare or Milton, had ever existed?
- As far as the walfare of every other living form on earth was concerned, the human project was not just a failure, it was a mistake from the very beginning.
- It was remembering, and it was also fantasizing: he imagined a drama in which he gave himself all the best lines, resonant lines of sad reasonableness whose indictments were all the more severe and unanswerable for their compression and emotional restraint.
Alla prossima lettura :D
Cami