Buongiorno a tutti, miei cari lettori!
Finalmente posso svelarvi e mostrarvi uno dei progetti speciali cui ho fatto accenno negli scorsi post. Ci tengo davvero molto e spero proprio che il risultato finale vi piaccia: sarà un trittico di post a tema, tre fasi che ci porteranno su un altro pianeta, usando come astronave il libro Deserto Rosso - Punto di Non Ritorno di Rita Carla F. Monticelli (che ringrazio per la pazienza e per l’aiuto).
Pronti a partire per un viaggio interplanetario? Non indugiamo oltre… preparate le tute da astronauta e i razzi, si va su Marte!
FASE #1: LANCIO
Ebbene sì, il nostro viaggio ci porterà sul Pianeta Rosso. Ne osserveremo le caratteristiche principali, vedremo un po’ le supposizioni degli astronomi dei secoli scorsi e di oggi, esploreremo l’immenso elenco di libri che condividono l’ambientazione marziana… insomma, un’infarinatura essenziale, per partire con il giusto spirito e la giusta curiosità, visto che le vicende di Deserto Rosso si svolgeranno proprio su questo pianeta.
Ma prima di immergerci nell’atmosfera aliena, sarà meglio darvi qualche informazione in più sul libro in questione.
Deserto Rosso è un romanzo a puntate: un libro diviso in quattro parti, pubblicate a distanza di 5 mesi l’una dall’altra – un progetto che sembra rifarsi allo spirito del
feuilleton. Per ora è disponibile la prima puntata,
Punto di Non Ritorno, e sarà disponibile a breve (anzi, a brevissimo: gli ultimi giorni di Novembre!) la seconda,
Abitanti di Marte.
Questa è la trama che la stessa autrice fornisce nel suo
sito:
Sono passati 30 anni dalla missione di esplorazione di Marte "Hera", durante la quale l'equipaggio è morto in circostanze non del tutto chiarite. Questo fallimento e tutte le problematiche politiche da esso generate hanno rallentato la NASA nella sua corsa alla conquista dello spazio, ma adesso i tempi sono maturi per una nuova missione chiamata "Isis". Questa volta i 5 membri dell'equipaggio non viaggeranno per oltre 400 milioni di chilometri solo per una breve visita, ma saranno destinati a diventare i primi colonizzatori del pianeta rosso.
Anna Persson abbandona di nascosto alle prime luci dell'alba la Stazione Alfa e si addentra con un rover pressurizzato nel deserto marziano, in quello che sembra avere tutte le caratteristiche di un gesto suicida.
Qualunque essa sia, riuscirà Anna a raggiungere la sua destinazione?
I misteri sono molti… ma ve ne parlerò meglio nella recensione del libro! Ora che ve l’ho introdotto un po’, è meglio tornare ad occuparci del fantastico Pianeta Rosso.
Per viaggiare in tutta sicurezza, è bene dare un’occhiata alle sue caratteristiche salienti:
Quindi, è necessario procurarsi delle mappe – cosa che non vi risulterà difficile, perché la mappatura di Marte è stato uno degli argomenti più gettonati tra gli astronomi, soprattutto nel periodo che va dagli anni ‘90 del XIX secolo alla prima decade del XX secolo.
Questa pratica veniva definita areografia, neologismo coniato ricalcando la parola geografia, cui viene sostituita la parte indicante la terra (
geo-) con il nome dato dai greci al pianeta, ovvero
Ares.
La prima mappa fu disegnata dai tedeschi Beer e Madler, nel 1840; ma l’annata fondamentale per questa disciplina fu il 1877. Con Marte in
opposizione perielica la visuale fu incredibilmente nitida e molti astronomi, amatoriali e professionisti, poterono godere di una visibilità fino ad allora mai avuta.
Furono prodotte moltissime mappe e rappresentazioni grafiche di ogni genere, ma quella che ebbe maggior risonanza fu quella di Giovanni Schiaparelli, milanese e futuro senatore del Regno d’Italia.
Creata grazie alle sue dettagliate osservazioni della rotazione del pianeta, fatte sul tetto del Palazzo di Brera e durate quasi otto mesi, divenne immediatamente un punto di riferimento per tutti coloro che si occuparono della superficie marziana dopo di lui.
L’influenza fu tale che venne anche adottata la nomenclatura data dallo scienziato alle diverse zone marziane – nomi di origine classica, greco-romana, decisamente diversi dai primi nomi dati dagli astronomi che si occuparono del Pianeta Rosso (principalmente nomi di scienziati contemporanei, che però avevano suscitato spesso invidie e
débacle).
Sicuramente Marte ne ha giovato: come si fa a non rimanere affascinati da luoghi che si chiamano Olympus Mons, Valles Marineris, Hellas, tanto per citarne alcuni?
Ma la mappa di Schiaparelli non fu importante solo dal punto di vista scientifico… infatti, fu uno dei principali propulsori della teoria sulla possibilità di vita intelligente sul nostro “vicino”.
Lo scienziato, durante le sue osservazioni, segnalò di aver rinvenuto delle strutture (da lui chiamate “canali”), che furono poi interpretate dagli astronomi più noti del tempo come strutture evidentemente artificiali e, quindi, come prova della presenza di una civiltà intelligente. Questi “canali di Marte” divennero immediatamente popolari non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche presso l’opinione pubblica, che all’epoca seguiva con fascinazione e speciale interesse le esplorazioni “celesti”, che ricordavano molto le avventure che nello stesso periodo vivevano gli esploratori, sulla Terra. Merito di questo è anche il tono più popolare di molte pubblicazioni, che riprendeva tòpos e stilemi proprio della saggistica e della narrativa di viaggio.
Maestro di questo tipo di “reportage” e promotore della teoria della civiltà marziana fu senz’altro Percival Lowell, che nel parlare delle proprie osservazioni, attraverso una dialettica basata principalmente sulle sue personali intuizioni e sulla continua comparazione tra le realtà marziane e quelle terresti, riuscì a convincere gran parte del pubblico dei tempi dell’effettiva presenza di una popolazione intelligente – anzi, più evoluta di quella terrestre. I canali, secondo lui, servivano a trasportare acqua dai poli alle zone equatoriali, che stavano subendo un processo di desertificazione; si sarebbe trattato, quindi, di costruzioni mastodontiche, lunghissime ed efficienti.
Anni dopo, le missioni di satelliti spaziali – a partire da Mariner 4, passando per Mars 2 e Mars 3, per arrivare poi a Viking 1, che dal 1976 trasmise informazioni per sette anni) sfatarono questi miti, riconoscendo nei canali visti da Schiaparelli un’illusione ottica, dovuta alle lenti da lui usate. Illusione che però, come abbiamo visto, attecchì molto bene (sia a causa della strumentazione inadeguata, sia per l’auto-convincimento degli osservatori).
Anche le missioni odierne (Odyssey, Beagle 2, Spirit & Opportunity, Phoenix, la recentissima Curiosity) hanno confermato che non c’è traccia di vita evoluta su Marte.
Ma questo non ha impedito agli scrittori e a molte altre personalità intellettuali di essere ormai terribilmente affascinati da questo pianeta così vicino e dalla sua ipotetica civiltà…
In realtà, tra i primi romanzi a parlare di Marte ci fu un libro scritto ben prima dell’esplosione di questo interesse per lo spazio, un grande classico della letteratura, ovvero I viaggi di Gulliver: pensate che Swift ipotizzò l’esistenza dei due satelliti marziani con oltre 150 anni d’anticipo rispetto alla loro scoperta.
Il boom, però, si ebbe dopo le scoperte di Schiaparelli e le ipotesi di Lowell. L’idea di un pianeta arido, specchio di un eventuale futuro terrestre, permise agli scrittori di giocare con quest’idea e di esprimere così la loro inquietudine riguardo all’eventuale gestione di una catastrofe simile. Inoltre, la loro superiorità intellettuale – comunemente accettata – poneva domande di non poco conto riguardo ad un ipotetico contatto. Come si sarebbero comportati i marziani, in maniera pacifica o bellicosa? Avrebbero sfruttato la loro superiorità?
E’ proprio partendo da un quesito simile che vide la luce il capostipite dei romanzi d’invasione extraterreste: La guerra dei mondi di H. G. Wells (1898). L’autore, inoltre, sfruttò la narrazione dell’attacco marziano per sferrare una feroce critica al colonialismo dell’epoca, comparando la superiore civiltà aliena ai paesi europei e al loro modus operandi in Africa.
Il messaggio sociale non fu colto in modo particolare, ma la suggestione forte e terribile di un attacco alieno sì: prese vita un filone proficuo e di grande successo, basato sul sensazionalismo e sulle emozioni forti.
La suggestività dell’ambientazione marziana continuò a farla da padrone nella narrativa fantastica anche all’inizio del XX secolo, soprattutto grazie alle opere di un autore che sicuramente conoscerete: Edgar Rice Burroughs. Il suo Ciclo di Barsoom racconta le avventure del soldato John Carter su Marte (chiamato dai nativi Barsoom, per l’appunto). Inizialmente composto da tre volumi, pubblicati tra il 1912 e il 1919, ebbe un tale successo all’epoca che l’autore decise di scrivere altri seguiti e continuò a farlo per gran parte della sua carriera. Anche in questo caso, gli imitatori furono moltissimi.
In tutti i romanzi di cui abbiamo parlato sino ad ora, i marziani sono creature sanguinarie, minacciose e bellicose. Tra i primi a ribaltare questa concezione ci furono Stanley G. Weinbum, con Un’odissea marziana (1934), romanzo in cui un astronauta disperso sul Pianeta Rosso fa la conoscenza di diversi abitanti autoctoni, e Raymond Z. Gallun, che pubblicò Vecchio Fedele (sempre nel 1934), la storia di un marziano fuggito al governo distopico del suo pianeta.
Nel secondo dopoguerra venne ripreso il tema sociale tanto caro a Wells: se ne occupò Ray Bradbury con le sue Cronache marziane (1950) e subito dopo Arthur C. Clarke, che nel suo libro Le sabbie di Marte (1951) trattò l’argomento affrontando non la conquista delle colonie e il loro sfruttamento senza regole, ma le ribellione di quest’ultime e l’ottenimento dell’indipendenza, secondo l’esempio della Rivoluzione americana.
Molti altri grandi della fantascienza classica, come Asimov e Heinlein, non poterono resistere al fascino del Pianeta Rosso.
Quando poi cominciarono ad arrivare le informazioni delle sonde, l’attenzione degli scrittori si spostò dalla vita già presente su Marte (mito ormai sfatato) alla possibilità di raggiungere e colonizzare il pianeta, dando avvio alla sua cosiddetta “terraformazione”. L’opera più nota di questo nuovo filone è la Trilogia di Marte di Kim Stanley Robinson, che parla della trasformazione di Marte da Pianeta Rosso, a Verde, fino a Blu. Il fine ultimo di queste modifiche è, ovviamente, quello di dare vita ad avamposti terrestri; non ci volle molto prima che altri scrittori, tra cui Philip K. Dick, ipotizzassero anche le successive proteste e ribellioni delle colonie marziane.
Insomma, Marte non smette mai di affascinare e stupire, anche ai giorni nostri. Lo dimostra l’immensa attenzione data alla missione di Curiosity e la grande quantità di romanzi fantascientifici (senza contare i film, i fumetti e le serie TV!) che ancora sfruttano questo pianeta – così lontano, eppure così vicino – come ambientazione.
Ormai siamo pronti a partire. Il nostro personalissimo Shuttle è carico di tutto quel che ci potrebbe servire e abbiamo l’infarinatura necessaria ad apprezzare al massimo il libro di Rita C. F. Monticelli.
Allacciate le cinture di sicurezza: siete pronti a raggiungere il Deserto Rosso?
Vi aspetto con la Fase#2 di questo speciale, online tra pochi giorni, in cui finalmente ci concentreremo su Punto di Non Ritorno!
Vostra (fantascientifica)
Cami
Fonti e link utilizzati per scrivere questo post: - Voci Wikipedia su
Marte,
Marte nella Fantascienza,
Giovanni Schiaparelli - K. Maria D. Lane, “Geographers of Mars: Cartographic Inscription and Exploration Narrative in Late Victorian Representations of the Red Planet”,
Isis, vol. 96, No. 4 (Dicembre 2005), pp. 477-506
- K. Poskitt,
Gagliarde Galassie, Salani, Milano 2000
Altri link e articoli utili: -
Catalogo SF, Fantasy e Horror (a cura di Vegetti, Cottogni e Bertoni)
-
Il blog di Urania - A. Russo, “Europe’s Path to Mars: The European Space Agency’s Mars Express Mission”,
Historical Studies in the Natural Sciences, vol. 41, No. 2 (Primavera 2011), pp. 123-178
-
Visualizzazione di tutte le missioni su Marte, a cura di Paul Butt, pubblicata su
La Lettura (inserto culturale del
Corriere della Sera), 26 Agosto 2012