venerdì 30 novembre 2012

L’Ultimo quadro di Van Gogh–Alan Zamboni

CopertinaLultimoquadrodiVanGogh

Titolo:L’ultimo quadro di Van Gogh
Autore:Alan Zamboni

Anno:2010

Editore:Infinito edizioni
ISBN:978-88-89602-73-7

Pagine:141

Trama:
Nel Luglio del 1891, un uomo appassionato dell’opera di Van Gogh arriva a Auvers-sur-Oise, ultimo luogo di residenza del tormentato pittore, per osservare alcuni quadri e per far luce sugli ultimi giorni di vita del genio olandese, ripercorrendo sia la sua che la propria esistenza.

E’ un bel po’ che medito su cosa scrivere in questa recensione; L’ultimo quadro di Van Gogh è un libro molto particolare, non per lo stile o per altri elementi particolarmente innovativi, ma per il modo in cui la storia di carta si fonde con un’altra storia, fatta di note e voci. Al libro, infatti, è allegato un concept album che ripercorre la vita del pittore e, allo stesso tempo, approfondisce la storia narrata nel romanzo.
Per quanto io ami la musica, non si può dire che sia un campo in cui mi sento “esperta”: in questo caso, tuttavia, cercherò di tenere conto anche di questa importante componente, poiché credo che non farlo sarebbe come privare la storia narrata di una buona parte della sua anima. Spero di riuscire a rendere giustizia al tutto!

Partiamo dall’elemento in cui mi trovo più a mio agio, ovvero quello letterario. Il libro, lo dico subito, è senza infamia e senza lode: una lettura piacevole, che mantiene uno stile di livello medio con alcuni punti di buona qualità.
La scelta di narrare tutto in prima persona è apprezzabile, soprattutto perché il protagonista-narratore (che rimarrà nell’anonimato) ci racconta quello che è il suo viaggio, la sua esperienza: si tratta, quindi, di una decisione dettata dal buon senso e, presumo, dal tentativo di creare una sensazione di forte immersione nella storia. Tuttavia, in certi punti l’autore “scivola” e inserisce pensieri che sarebbero stati più adatti se espressi da un narratore in terza persona: mi hanno dato l’impressione di un’osservazione troppo oggettiva delle situazioni o dei personaggi, risultando così poco naturali, perché nessuno, per quanto tenti di essere distaccato, può prescindere dal proprio punto di vista.
La caratterizzazione dei personaggi è ben fatta: si approfondisce volentieri la loro conoscenza ed è un piacere osservarli muoversi nella Francia dell’ultima parte del XIX secolo. Mi è piaciuto soprattutto come l’autore ha reso Theo Van Gogh, fratello di Vincent: non conosco approfonditamente la sua storia, ma per quel che so mi è sembrato ben presentato e storicamente verisimile. E’ un personaggio pacato, che nasconde gran parte dei suoi tormenti interiori; attraverso lo sguardo del narratore, si fa benvolere in poco tempo.
Paradossalmente, ho trovato che proprio il protagonista narrante sia stato il personaggio meno approfondito. Le sue reazioni e le sue emozioni sono umane, possiamo provare empatia nei suoi confronti, ma tutto sommato rimane piuttosto piatto: di lui, oltre alla sua ossessione per Van Gogh, non si può dire poi molto. Mi è sembrato fosse più legato alla sua funzione (permetterci di esplorare il pittore e il suo ambiente, così come i suoi ultimi giorni di vita), piuttosto che al suo essere una persona a tutto tondo.

Ho trovato molto ben delineate, invece, le ambientazioni e la loro atmosfera. Zamboni riesce a rendere, senza dilungarsi troppo, il fervore della Parigi della fine del secolo, l’aria frizzante per le novità (la Tour Eiffel era stata costruita da poco!), la meraviglia dei caffè e dei conciliaboli che vi si tenevano, la scena artistica poliedrica e incredibilmente densa; oppure, spostandosi in un ambiente totalmente diverso, riesce a dare al lettore la sensazione di opprimente oscurità che aleggia nella camera di Adeline, ragazzina interrogata dall’io narrante sulla morte di Vincent, essendo stata l’ultima persona a vederlo vivo.
Proprio lei, tra l’altro, sarà al centro di un mistero che darà qualche momento di tensione durante la lettura – ma, ovviamente, non vi rivelerò nulla! Mi limito a dire che mi è sembrato che l’autore sia riuscito a metà nel suo intento: certamente sono rimasta sorpresa da quel che si scopre su Adeline, ma non ho gradito allo stesso modo i discorsi riguardanti la fine di Vincent.

Due note finali, infine, su introduzioni, particolarità grafiche e appendici: ho trovato molto utile il glossario, perfetto per chi non è molto informato sul periodo e sulle personalità dell’epoca in cui si svolge il romanzo, ma non sopportavo che tutte le parole straniere, anche i nomi delle vie, di luoghi e di parole ormai ben note (quali “madame” e “monsieur”) fossero scritte in corsivo.
Mi è sembrato un poco eccessivo anche l’inserimento di un’introduzione, una prefazione e una postfazione. Sono molto carine, indubbiamente, ma pare quasi siano state messe lì per “nobilitare” il libro, che invece cammina bene sulle sue gambe, anche grazie al CD – che, per inciso, è davvero particolare e si è rivelato un ottimo ascolto, sia come sottofondo durante la lettura, sia come opera a sé. La musica è suggestiva, perfettamente inserita nello spirito dell’epoca, e i testi non sono da meno.
La musica è stata composta da Alan Zamboni e da Angel Galzerano con la collaborazione di Gianmarco Astori, e tutti e tre sono presenti come interpreti (da musicisti e, nel caso di Zamboni, anche come cantanti) nel CD, in cui partecipa, come lettrice di alcuni frammenti, Anna Maria di Lena.

Ciò che più mi è rimasto di questo libro, alla fin fine, è la profonda passione che l’autore prova nei confronti del pittore olandese – sentimento che ha infuso con forza all’interno della storia. Magari non è riuscito a creare un romanzo perfetto, ma sicuramente è riuscito a far arrivare a me, lettrice, l’ammirazione – che condivido, in tutto e per tutto – per il genio, troppo a lungo incompreso, di Van Gogh.

 

Voto:
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          7

 

Frasi e citazioni che mi hanno colpita…

  • Anche allora non ero riuscito a fare commenti. All’epoca pensai fosse un mio limite, adesso cominciavo a credere che quell’effetto, quella capacità di zittire il banale, fosse invece un sacrosanto privilegio che l’arte si concedeva.
  • Van Gogh era uno straniero e sicuramente nel corso di quei due mesi che aveva vissuto lì non era riuscito a sentirsi a casa sua. Ma forse Vincent era stato straniero ovunque. Aveva viaggiato, come un treno, sostando talvolta in qualche stazione. Un treno fermo in una stazione la identifica come tale, ma non le appartiene. Alla stazione appartiene il silenzio, il vuoto e l’attesa; e ogni volta Vincent ripartiva, forse perché c’era troppo silenzio, troppo vuoto e la gente aspettava sempre qualcos’altro.

Al prossimo post,

Cami

 

P.S. La seconda parte del post sulla mia esperienza a Milano Bookcity verrà pubblicata a breve, se tutto va bene; inoltre, per Dicembre ci saranno altri post speciali… Un indizio? Verteranno di nuovo su alcune mie esperienze presso una certa fiera!

lunedì 26 novembre 2012

Bookcity Milano 2012: la mia esperienza (1 di 2)

Buongiorno a tutti, cari lettori!
Oggi vi offro un post un po’ speciale, sperando che vi possa piacere.

Come alcuni di voi (chi mi segue su Google+ o su Twitter) sanno, il 16 di questo mese sono riuscita a seguire un paio di conferenze di Bookcity Milano, un nuovo evento legato al mondo della letteratura. Ammetto che parte di me temeva di potersi trovare di fronte a una “Milano book fair – Parte seconda”; fortuna che sin dalle premesse la situazione sembrava migliore. Insomma, per Bookcity si è scomodato tutto il Castello Sforzesco, centinaia di punti sparsi per Milano, autori, professori e conferenzieri noti anche a chi non mastica l’ambiente propriamente culturale, un elenco di attività e incontri da far invidia…
Sono felice di dirvi che le mie aspettative sono state pienamente soddisfatte e che partecipare a questo evento mi è piaciuto moltissimo. L’anno prossimo mi organizzerò meglio (e con un po’ d’anticipo) e cercherò di seguire quante più attività possibile – non dubito che la puntata 1 di questo evento (questa è stata prudentemente chiamata “puntata 0”) sarà anche meglio di quella di quest’anno.

Ma torniamo al presente e, in particolare, alle due conferenze che ho seguito. Visto che hanno trattato di argomenti particolarmente interessanti, ovvero cosa spinge un editore a scegliere un libro da pubblicare e la bibliodiversità, ho pensato di prendere qualche appunto e di parlarvene qui su Bibliomania. Visto che sono state conferenze molto dense, ho deciso di fare due post, così potrò dedicare ad ognuna delle due conferenze lo spazio che merita. Spero che la mia idea vi piaccia e che questi post portino a tante discussioni interessanti.

[NdC: ho evidenziato i nomi delle relatrici con colori diversi, per rendere più agevole e chiara la lettura. Le domande sono evidenziate d’azzurro.]bookcity1

La prima conferenza che ho seguito è stata quella sulla selezione editoriale. Le relatrici sono state molto chiare e appassionate nelle loro spiegazioni, sfoggiando anche una buona dose di ironia. Si poteva percepire chiaramente il loro desiderio di far conoscere delle realtà complicate, ma anche piene di soddisfazioni, come quelle dell’editoria indipendente.

Per rompere il ghiaccio, Alessandro Beretta ha chiesto a questo fantastico quartetto di donne di presentarsi e di introdurre la loro casa editrice. Comincia Emilia Lodigiani, fondatrice di Iperborea (che quest’anno compie 25 anni! Auguri!). La signora Lodigiani ci tiene a sottolineare il mantenimento della fede al progetto iniziale, ovvero la volontà di promuovere la letteratura del Nord Europa in Italia: questa specializzazione, chiaramente, la porta ad affrontare la selezione in modo diverso rispetto alle sue colleghe, poiché lavora principalmente su libri già pubblicati e quindi già passati attraverso una certa scrematura. Ovviamente, però, lei compie un’ulteriore raffinatura, scegliendo i libri che reputa adatti per il mercato italiano e che sono di suo gusto – com’è giusto che sia, aggiungo io.
In generale, accettano 1/6 dei libri proposti dalle case editrici nordiche e spesso cercano di pubblicare ciò che viene proposto direttamente dai traduttori, che non di rado propongono per la pubblicazione libri che, per passione, hanno già tradotto, senza sapere se ci fosse la possibilità di un effettivo riscontro positivo.
Pubblicano circa 18 libri l’anno e al momento lo staff di Iperborea consta di 8 persone.

Continua Claudia Tarolo, voce femminile del duo di Marcos y Marcos. Subito si presenta come una donna dalla battuta facile: comincia dicendo che, quando le arriva un libro di un autore nordico, il primo pensiero che le viene in mente è “se arriva dal Nord e non è stato pubblicato da Iperborea, ci facciamo due domande!”. Una bella dimostrazione di stima, senza dubbio. Tornando più seria, la signora Tarolo ha specificato che la sua casa editrice utilizza vari canali attraverso cui riceve proposte (editori stranieri, traduttori, scout letterari, la proposta di manoscritti da parte degli stessi autori – pensate, gli arrivano da 10 a 20 buste al giorno da parte di aspiranti scrittori!), ma che ama anche andarsi a cercare personalmente libri interessanti, cercandoli nelle librerie all’estero, nei cataloghi di editori di tutto il mondo, girovagando per la rete…
La Marcos y Marcos, poi, si distingue per aver scelto di ridurre la produzione editoriale, limitandosi alla pubblicazione di 13 novità l’anno, scegliendo solo libri in cui si crede fino in fondo e su cui si punta tutto, dedicandogli la massima attenzione. Lo staff consta di 9 persone.

Si presenta poi Daniela di Sora, fondatrice di Voland, che esordisce definendo la propria linea editoriale come un incrocio tra le due appena presentate: inizialmente si occupava solo di letteratura slava, ma ha dovuto rinunciare per la mancanza di introiti. Decide allora di aprire a tutti gli altri paesi, cercando però di mantenere il focus su autori di zone poco conosciute dai lettori italiani, come la Catalogna e il Belgio; evita, dunque, le letteratura già ampiamente esplorate, come quella anglofona. In generale evitano anche di pubblicare italiani, salvo eccezioni: agli aspiranti autori che le inviano i loro manoscritti risponde spesso di controllare meglio il catalogo della casa editrice cui si invia il libro, per non spedirlo a realtà (come quella di Voland) evidentemente non propense alla pubblicazione dei loro libri.
In casa editrice sono in cinque e pubblicano, negli “anni grassi”, un massimo di 22-23 libri l’anno – mai di più.

A questo punto si aggiunge Ginevra Bompiani, direttrice di Nottetempo, arrivata dopo a causa del ritardo di un treno (o così mi pare di aver capito). Per quanto riguarda la sua casa editrice, la signora Bompiani afferma di non aver mai avuto un ambito specifico: si dà uno sguardo particolare a due antipodi, ovvero all’Italia e a paesi “dall’altra parte del mondo”, a libri pubblicati in lingue sconosciute, quasi a “indovinare” dai samples (poche pagine tradotte – spesso in un inglese approssimativo, pare – ad uso e consumo degli editori stranieri) come sarà il libro intero.
Ora accettano anche l’invio di opere in formato .pdf, per evitare di essere sommersi dalla carta – anche se in un certo senso preferiva l’invio dei cartacei, perché poneva un “freno”: è più dispendioso e difficile inviare molti manoscritti a molte case editrici, mentre fare un invio multiplo a 200 e-mail è facile. La Bompiani ha messo ben in chiaro che, se subodorano questa cosa, difficilmente prenderà in considerazione il libro proposto: vuole un rapporto diretto, di scelta decisa e di fiducia.

20121116_135748A questo punto, il moderatore Beretta lancia un input: il verbo tematico, in tutti questi discorsi, sembra essere “credere”, ovvero avere fiducia nei libri che si decide di pubblicare.

Subito la signora Bompiani identifica il verbo “credere” con il verbo “piacere”, identificando il gradimento personale come primo criterio assoluto (quindi, “si pubblica ciò che all’editore piace”). Si crea un rapporto a tu per tu con ogni manoscritto, almeno nelle realtà indipendenti: si pone infatti l’accento sulla sostanziale differenza tra il pensiero da editore indipendente (definito “desperate housewife dell’editoria”) e quello manageriale, che si appoggia a parametri più oggettivi per la scelta dei testi da pubblicare (vendite all’estero, dati dell’autore…).
Non che gli indipendenti non tengano conto di questi dati: semplicemente, per usare le parole della direttrice di Nottetempo, “se ne dimentica” per un po’, perché sceglie prima di tutto ciò che incanta e cattura, guardando meno alla commerciabilità.

La signora di Sora mostra nuovamente di sapersi porre nel giusto mezzo, affermando di conciliare i due macro-criteri identificati dalla Bompiani. Molto schiettamente, ammette di rinunciare alle pubblicazione di libri che le piacciono, ma di cui intuisce l’incapacità di arrivare al mercato; le uniche eccezioni che fa sono quelle legate ad autori su cui punta a prescindere, poiché la sua non è una politica editoriale legata al titolo, ma legata a tutta la produzione di un autore – di cui, quindi, si pubblicano anche libri più “deboli”, ma necessari per comprendere appieno il suo sviluppo.
Sottolinea, però, di non aver mai pubblicato un libro solo perché vendibile – ricollegandosi, dunque, all’importanza del gradimento personale.

Torna poi a parlare la signora Tarolo, che sottolinea un concetto per me molto importante, ovvero la necessità che un libro esca con la giusta casa editrice: Marcos y Marcos, ad esempio, ha ripubblicato libri già editi e andati male non per la loro qualità, ma per vari criteri esterni, come la tempistica o altri problemi che sorgono in seno alle grandi case editrici, che sono “forti, ma meno flessibili”. Un esempio di questa politica è stato il ritorno in libreria di John Kennedy Toole, pubblicato anni orsono dalla Rizzoli e andato miseramente: ora, ripubblicato, è il maggior successo della sua casa editrice.
Anche lei, comunque, sottolinea l’importanza di amare i libri che si portano in libreria, perché “non sarebbe in grado di sostenere” un libro che non ama.

La signora Lodigiani, infine, pone l’accento su un problema ben preciso, ovvero sul tempo di durata di un libro sugli scaffali delle librerie. A dire il vero non ci si sofferma troppo, ma declina questo ragionamento secondo quello che tenta di fare lei con la sua casa editrice: si cerca di tenerli sugli scaffali a lungo (non per un mese, come capita con certe altre case editrici, aggiungo io), perché così hanno il tempo di “scoprire il loro lettore”, creando nel frattempo uno “zoccolo duro” di appassionati, pieni di fiducia verso il marchio editoriale.
Per quanto riguarda i criteri di scelta che la spingono a preferire un libro a un altro, la direttrice di Iperborea delinea tre criteri fondamentali, ovvero un buon livello letterario, una storia appassionante (per cosa dice e per come lo dice) e l’interrogazione continua sul nostro posto nella società. Si sente la passione che questa donna prova per la letteratura nordica, posso assicurarvelo!

A questo punto il tempo sta per finire e, volendo concedere qualche momento anche al pubblico, il moderatore pone un’ultima domanda, ovvero come viene gestito il rapporto con gli esordienti e come si scelgono i classici da riproporre.

book_city_milanoComincia a parlare Claudia Tarolo, che subito ammette di avere un rapporto ambivalente, perché sono oppressi dagli arrivi delle proposte degli esordienti. Dice che “è difficile trovare chi non scrive” e porta subito esempi di momenti imbarazzanti (e, per noi che ascoltavamo, estremamente divertenti) come, per dirne uno, il professore di greco della figlia che, saputo il lavoro della madre, le chiede di leggere il suo manoscritto (ditemi voi, poi, come avrebbe potuto comunicare un rifiuto – e chissà che voti avrebbe assegnato il docente, da quel momento in poi…!) . E’ arrivata a nascondere, in certi casi, la propria professione, sempre per il timore di sentirsi proporre un manoscritto.
In generale, comunque, ammette di preferire la scelta e la scoperta di inediti, piuttosto che la traduzione di libri già pubblicati in altri paesi, perché sapere che “in mezzo al mucchio c’è qualcosa di bellissimo” le dà grandi soddisfazioni.

Ginevra Bompiani concorda con la Tarolo e porta come esempio un ricordo personale, ovvero il suo primo incontro con Milena Agus, prima attraverso la lettera di presentazione e poi con la lettura del libro. Afferma anche che la selezione di un manoscritto non implica, in realtà, che ci sia un soggetto che sceglie un oggetto, ma assomiglia piuttosto all’incontro tra due soggetti imperfetti.

A spezzare una lancia per le traduzioni ci pensa Daniela di Sora, che parla di quanto sia altrettanto straordinario trovare autori di paesi generalmente poco frequentati dai lettori, come ad esempio la Bulgaria; la direttrice di Voland dice di sentirsi come un “ponte” tra il nostro paese e “realtà esistenti ma sconosciute”.
Riprendendo poi il discorso dei libri ripubblicati, ci tiene a sottolineare che le tirature che servono a una grande casa editrice per decretare il successo di un libro sono enormi, rispetto a quelle necessarie a case editrici di medie dimensioni.

Per Emilia Lodigiani (che, lo ricordo, è la fondatrice di Iperborea), la faccenda è ovviamente diversa. Comunque, dice di leggere le prime tre pagine di tutto quello che arriva in casa editrice, anche se palesemente inadatto alla sua linea editoriale. In certi casi ha anche inviato delle lettere di incoraggiamento, spingendo gli autori a proporsi a realtà più adatte alle loro esigenze.
Per quanto riguarda i classici stranieri, invece, spiega che la loro pubblicazione solitamente avviene in concomitanza di occasioni particolari, come centenari di nascita e morte, o l’uscita di un film, così che gli eventi facciano “da traino”.

Finite le risposte, comincia uno dei miei momenti preferiti: le domande del pubblico. Purtroppo non sono riuscita a porre la mia domanda, ma ci sono stati comunque degli spunti interessanti.
La prima domanda era una richiesta di delucidazione sui meccanismi di distribuzione. Ha risposto Emilia Lodigiani, spiegando che ogni casa editrice di medio livello si appoggia a un distributore nazionale. Ginevra Bompiani ha sottolineato che le grandi case editrici pubblicizzano solo i libri che hanno tirature dalle 10.000 copie in su, i restanti vengono lanciati sul mercato ma senza essere particolarmente seguiti. Si tira in ballo anche la Legge Levi: la fondatrice di Nottetempo ammette che si tratta di una “lotta disperata” per ottenere un po’ di visibilità contro gli sconti delle grandi realtà editoriali.
Claudia Tarolo prende la parola per un momento, lanciando una frecciata agli editori a pagamento, dicendo che “pubblicare e stampare sono due cose ben diverse”.

Un uomo chiede se davvero vengono letti tutti i manoscritti che ricevono e domanda spiegazioni sull’effettivo rapporto tra editor e autore.
Riprende subito a parlare la Tarolo, che ammette che né lei, né il resto del suo staff, ha il tempo materiale per leggere tutto (anche se vorrebbero poterlo fare). In generale, comunque, sono davvero sufficienti le prime tre pagine per decidere se vale la pena continuare o meno. Per quanto riguarda l’editing, lo definisce un lavoro condiviso in cui “l’editor incontra e stimola l’autore”.
La Bompiani, invece, dice di leggere tutto quello che arriva, appoggiandosi anche a una lettrice professionale.
La revisione del testo, invece, secondo lei dev’essere affrontata principalmente dall’autore.

Un ragazzo pone due domande ben precise: come è possibile creare un rapporto di fidelizzazione tra lettore e casa editrice e come si possono incontrare dal vivo degli editori.
Risponde prima Emilia Lodigiani, dicendo che la fidelizzazione è un risultato che si raggiunge attraverso il passaparola e l’esperienza personale, “assaggiando” vari titoli; Daniela di Sora aggiunge che spesso gioca un ruolo importante anche il consiglio di un libraio di fiducia – quando quest’ultimo è preparato, s’intende. Risponde anche alla seconda domanda, dicendo che spesso gli editori di piccole-medie dimensioni sono presenti agli stand delle fiere editoriali (dove chiacchierano più che volentieri), mentre in generale si possono incontrare durante eventi come, appunto, Milano Bookcity.

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E con queste risposte si è chiuso il primo dei due incontri che ho seguito.
Che ne pensate? Ci sono dei punti con cui siete in disaccordo, siete rimasti sorpresi da certe risposte? Apprezzate le case editrici che hanno preso parte alle discussione?

Fatemi sapere nei commenti, sapete che amo parlare con voi!

Alla prossima puntata e ai prossimi post,

Cami

lunedì 19 novembre 2012

Chi Cerca… Trova! (#7)

Ciao a tutti, cari lettori! Pronti ad una nuova serie di domande e risposte?
A Ottobre le domande sono state piuttosto interessanti e in molti casi mi sono divertita a cercare le risposte più adatte. Proprio per questo non voglio farvi perdere altro tempo e vi lascio subito alle nostre chiavi di ricerca: buona lettura!
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1. Bianca Cataldi blog
Il blog di questo giovane autrice si chiama semplicemente B. e lo potete visitare cliccando qui.
2. Arpa Irlanda
L’arpa irlandese, detta anche di Brian Boru (dal nome del supremo re dell’isola di smeraldo), è uno dei simboli dell’Irlanda e la si può trovare praticamente ovunque – su monete, documenti ufficiali, stemmi e chi più ne ha, più ne metta!
Si tratta di un’arpa celtica – più piccola e maneggevole di quella classica, noi oggi la definiremmo “portatile”. L’esemplare più antico che conserviamo è proprio quella detta di Brian Boru (anche se anacronisticamente, visto che il re è dell’inizio del Millennio mentre lo strumento è del XIV secolo); si trova al Trinity College di Dublino.
3. "Mariagrazia Buonauro" "Sogni tra i Fiori" schifo
Ecco, io forse non l’avrei detto così brutalmente, ma… amico ricercatore, concordo con te!
4. Disegni della fata del mare
Sea_Fae_by_Ravven78
Io sono sempre più contenta delle chiavi di ricerca che mi proponete – altrimenti, per esempio, come avrei fatto a imbattermi in questa meravigliosa immagine?
Ho pensato che una fata del mare non potesse essere proprio come una fata “tradizionale” e credo che questa ninfa un po’ polipo, un po’ sirena, sia perfetta.
L’autore di questa bellissima immagine è Ravven78, che tra l’altro disegna e crea copertine – insomma, cade a fagiolo!
5. Castello di re Artu Cornovaglia
220px-Tintagel_bImmagino che il nostro internauta stesse cercando notizie sul castello di Tintagel, in Cornovaglia, dove si dice che il mitico re sia stato concepito: Uther Pendragon, suo padre, vi si introdusse per sedurre Igraine (futura madre di Artù), sotto le mentite spoglie del di lei marito – assunte grazie al grande Merlino.
L’episodio, narrato nell’Historia Regum Britanniae di Geoffrey of Monmouth, divenne molto popolare, tanto che molti testi successivi lo arricchirono ed abbellirono, designando Tintagel anche come luogo di nascita del re; nessun testo, tuttavia, parla di una successiva visita o di un altro pernottamento presso il castello.
Gli studiosi affermano che si tratti di un castello medievale, anche se si ipotizzano insediamenti sin dall’epoca del dominio romano; ovviamente, ora le rovine sono una meta turistica nota e molto visitata dagli amanti delle leggende arturiane.
Chissà quanto c’è di vero e quanto di romanzato nelle leggende della Tavola Rotonda! Il ciclo bretone è molto interessante e i suoi ipotetici (ma piuttosto sottili) collegamenti con avvenimenti storici sono una fonte inestinguibile di dibattitto tra gli appassionati.
6. Che cos'è il cremisi
Banalmente, è un colore.
Più approfonditamente, è una tonalità di rosso intenso, con delle punte di blu. Il nome è un adattamento arabo della parola aramaica krmija; a noi è giunto attraverso il latino tardo-medievale cremesinus (o nella variante carmesinus), con cui si indicava gli insetti da cui si produce questo colore.
7. Graal
Oddio, chiave di ricerca quanto mai vasta! Non penso ci sia abbastanza posto qui per parlarne come si deve, anzi, credo che in realtà se ne sia parlato sin troppo dopo che il romanzo di Dan Brown ha riportato alla ribalta il simbolismo delle tradizioni esoteriche riguardante il Sacro Calice.
Mi limito, dunque, a citarvi i dati essenziali: la parola graal deriva dall’antico francese ed è un nome parlante, poiché indica proprio una coppa o un piatto. Secondo la tradizione medievale, era la coppa dove Gesù bevve durante l’ultima cena; nel XIII secolo, poi, s’aggiunse la credenza che Giuseppe d’Arimatea avesse usato lo stesso calice per raccogliere il sangue stillato dalla ferita al costato di Cristo, una volta posato il corpo nel Sepolcro.
In seguito, divenne fondamentale nel ciclo bretone come oggetto della quest dei Cavalieri della Tavola Rotonda; le tradizioni esoteriche, di cui ho parlato prima, hanno poi rivisto nel Graal il simbolo della Sapienza e della Parola Perduta.
Per ulteriori informazioni, vi consiglio le sempre utili pagine di Wikipedia e quella della Treccani.
8. Illustrazioni de I Miserabili
Le più note sono certamente quelle di Émile Bayard, anche perché la sua illustrazione di Cosette è usata nei cartelloni del musical tratto dal libro (la conoscete sicuramente anche voi, è la prima delle tre qui sotto).
Sono molto belle anche quelle di Gustave Brion, eleganti e raffinate (ne è esempio la seconda illustrazione del trio sottostante, ritrae l’ispettore Javert), e di Filiberto Mateldi, più stilizzate e particolari (sua è l’ultima illustrazione, che ritrae Fantine e sua figlia).
Se invece vi interessano illustrazioni più moderne, la Nippon Animation ha creato un anime di 52 episodi, abbastanza fedele al libro (salvo qualche sforbiciata e l’addolcimento di qualche episodio)stando alle notizie in giro per il web.
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9. Il ruolo della deformità e del grottesco nell'opera di Victor Hugo
Che meravigliosa chiave di ricerca! Vorrei tanto poter conoscere chi cerca queste informazioni, per parlare di Hugo e delle sue opere e perdere la cognizione del tempo.
Ma torniamo, appunto, alla ricerca. Il ruolo della deformità e del grottesco nell’opera di Hugo è, oserei dire, fondamentale. Indubbiamente, era molto sentito dall’autore stesso – non credo sia un caso che il suo primo capolavoro in prosa sia incentrato sulla figura deforme di Quasimodo. Notre Dame de Paris, terzo romanzo di Hugo, si appoggia sulle spalle abnormi del gobbo, che reggono un’impalcatura di personaggi non indifferenti per numero e personalità, e contemporaneamente sono fulcro dell’essenza stessa del poveretto, che deve alla sua condizione tutto il dolore subito. E’ la sua condizione di mostro a permettergli di amare Esmeralda, che nel corpo è incarnazione della bellezza conturbante; e anche Frollo, innamorato della zingara, non può essere che un mostro – quanto e più del suo protetto, benché nascosto dall’apparente rettitudine e dall’aspetto impeccabile. Febo, che equivale Esmeralda in bellezza, non l’ama: solo ciò che è orribile può comprendere profondamente ciò che è meraviglioso, in quanto opposto, e per questo vi si può perdere.
Ne L’uomo che ride questo concetto è portato all’esasperazione: Gwynplaine e Dea sono spiriti luminosi, ma mentre nella ragazza questo si riflette nel suo aspetto (doppiamente puro, dato che lei ne è del tutto inconsapevole), nel protagonista il destino sembra dare il peggio di sé, dandogli un viso deturpato – frutto di una menomazione inferta e non subìta sin dalla nascita, quindi doppiamente tragico, in quanto quasi frutto di un giochetto beffardo del fato. Viene quasi da chiedersi come sarebbe stata la vita di Gwynplaine, se non fosse stato l’uomo che ride; di nuovo, tuttavia, dobbiamo ricordarci che senza la menomazione il ragazzo non avrebbe mai conosciuto Dea e, in ogni caso, non avrebbe saputo (né voluto) ricambiare la totalità del suo immenso amore. E’ lo stesso Hugo a dircelo, in più passi del romanzo, struggenti per la loro verità e per lo sguardo, diretto o in tralice, ai tiri del caso. Ma qui dovremmo cominciare un altro discorso e la risposta si sta facendo lunga… Quanto vorrei parlarne ancora!
10. Illustrazione uomo coyote e la creazione del mondo
Qui si parla di miti indiani! Sapete bene che io ci vado a nozze.
Non appena ho letto questa chiave di ricerca, mi sono venute in mente delle bellissime illustrazioni che avevo visto qualche mese fa, sempre mentre cercavo informazioni per Chi Cerca… Trova!. L’autrice è Freha e i miti rappresentati sono tre: Coyote and bluebird, Coyote and the Creator, Coyote steals fire. Credo che le ultime due, in particolare, potranno fare la gioia del nostro ricercatore, visto che parlano della creazione dell’uomo e della scoperta (o meglio, del furto) del fuoco.
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11. Opinione altrui
Da ascoltare e rispettare, a meno che non inneggi alla violenza. Condividerla? Non è un prerequisito essenziale per esserne interessati.
Fonte di meravigliosi scambi e chiacchierate? Ci puoi giurare!
12. Rosa simbolo inglese
Questo fiore, per quanto riguarda l’Inghilterra, porta subito alla memoria la celebre Guerra delle Due Rose, così chiamata solo dal XIX secolo. Il nome, coniato da Walter Scott, si rifà agli stemmi delle due casate in guerra: quello dei Lancaster, la cui rosa era rossa, e gli York, che invece mostravano quella bianca. Il casus belli fu la successione al trono dopo la morte di Edoardo III e il conflitto durò trent’anni (dal 1455 al 1485).
13. Bibliomanie Bologna
Bibliomanie è una rivista di “ricerca umanistica e orientamento bibliografico”, registrata a Bologna nel 2005. Il sito lo potete trovare cliccando qui.
14. Clockwork giacca
logan_riese_leather_jacket_with_skulls_and_cross_by_loganriese-d5jsnv1Che dite, secondo voi cosa stava cercando questo internauta? Io l’ho interpretata come la richiesta di un capo dallo stile decisamente steampunk – che tra l’altro mi piace molto, è curioso, divertente, originale. Per questo amante della moda e del XIX secolo, propongo una giacca di pelle, molto forte e particolare, i cui arabeschi per me richiamano anche, alla lontana, gli ingranaggi di un orologio.
Questa meraviglia è opera di Logan Riese.
15. Disegni Paolo Barbieri
Immagino conosciate tutti Paolo Barbieri – ormai non ha bisogno di introduzioni, i suoi disegni e le sue copertine parlano per lui. Mi piace moltissimo il suo lavoro, penso di avervelo detto fino alla nausea; ma non sono sicura di avervi già dato il link per arrivare al suo sito personale, pieno di illustrazioni di ogni tipo: lo trovate qui!

E anche per questo mese è tutto! Spero, come sempre, che le domande e le risposte vi siano piaciute.
Al prossimo post,
Cami

sabato 17 novembre 2012

“Gli 11 libri più significativi del secolo”–ovvero, un gioco letterario

Buonasera, miei cari lettori!

Devo iniziare questo post con delle scuse: avrei dovuto pubblicarlo Venerdì, ossia ieri, ma evidentemente non avevo salvato l’appunto che mi ero fatta sull’agenda del cellulare e quindi, causa eventi molto importanti (Milano Bookcity! Ve ne parlerò!) me ne sono totalmente dimenticata. Chiedo davvero scusa a Erica (nota ai più come Leggivendola) e, in ginocchio sui ceci, mi preparo ad affrontare l’impresa immane in cui mi ha taggata.

Oggi, infatti, dovrò vedermela con un affare non da poco, ovvero rispondere a questa sorta di meme – giochino letterario lanciato originariamente dal blog Satyrikon (con hashtag dedicato su Twitter, ovvero #11goodreads), in cui si è creata una lista di 11 titoli, scritti rigorosamente dal 1912 in poi, che secondo loro hanno rappresentato ciò che di più significativo ha prodotto la letteratura in questi cento anni. Dove sta il gioco, direte voi? Sta nel fatto che poi, pubblicato il post, hanno taggato un altro blog chiedendogli di rivedere la lista, togliendo un titolo e sostituendolo con uno secondo lui più adatto, e chiedendogli anche di taggare un altro blogger e domandargli di fare lo stesso.

La lista ha fatto uno strano giro ed è arrivata sino a me – e io ne sono terrorizzata. Togliere un titolo mi sembra quasi un affronto verso chi ha riflettuto tanto su questi libri, sui loro autori, sulla loro importanza; mi sembra di sminuirne le scelte.
Poi mi sono detta che in fondo è solo un gioco, un divertissement, e quindi mi sono buttata.

Prima di comunicarvi la mia scelta, prendo tempo e vi faccio un riepilogo delle regole, copiandovi quelle riportate su Satyrikon:

Qui di seguito viene pubblicato un elenco di 11 titoli, in cui possono essere compresi solo libri di cui si sia in possesso, che siano stati letti integralmente e che siano stati scritti dopo il 1912.
Ogni libro è corredato da una foto, a riprova di quanto sopra, e le foto sono pubblicate anche su una
board dell’account Satyrikon su Pinterest.
I titoli sono indicati in italiano e in originale, perché non si esclude che la staffetta valichi i confini.
Alla fine dell’elenco, viene nominato la/il blogger per il passaggio di testimone, dopodiché la staffetta continua sul suo blog.

Il blogger che riceve il testimone dovrà:
1. prepararsi possibilmente per il venerdì successivo, giorno in cui vorremmo si svolgesse il gioco;
2. eliminare un singolo titolo dall’elenco e sostituirlo con un altro, motivando le sue scelte (il nuovo libro deve essere in suo possesso, essere stato letto integralmente ed essere stato scritto dopo il 1912);
3. pubblicare una nuova foto nel suo elenco e sulla board Pinterest, a cui nel frattempo sarà stato aggiunto come ‘pinner’ (per chi non avesse un account Pinterest, provvederemo noi);
4. individuare un altro blogger a cui passare il testimone;
5. copiare e incollare queste regole in testa al nuovo elenco.

Chiunque può suggerire nei commenti il testo da eliminare e il nuovo da inserire nella prossima lista, ma deve motivare le sue ragioni.

E ancora, cerco di rimandare il tutto dandovi la precedente lista dei magnifici Undici:

1. Ingeborg Bachmann, Malina
2. Ira Levin, Questo giorno perfetto (This perfect day)
3. Ágota Kristóf, Trilogia della città di K. (Trilogie)
4. Elfriede Jelinek, La pianista (Die Klavierspielerin)
5. Joe R. Lansdale, In fondo alla palude (The Bottoms)
6. Christa Wolf, Medea. Voci (Medea: Stimmen)
7. Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte (Voyage au bout de la nuit)
8. Virginia Woolf, Orlando (Orlando: A Biography)
9. Jeffrey Eugenides, Middlesex
10. Sandro Campani, Il paese del Magnano
11. Primo Levi, La chiave a stella

Infine, eccoci. Rullo di tamburi per…

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Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, pubblicato nel 1951.
Cosa mi ha spinta a scegliere questo libro? Innanzitutto, il fatto che sia uno dei miei libri preferiti di sempre (per esattezza, occupa il secondo posto del mio podio personale – penso sappiate tutti chi occupa il primo). Lo è perché è la storia di un uomo, sotto tutti gli aspetti eccezionale e quindi diverso, nella sua superiorità, che riesce a rappresentare contemporaneamente le coscienze di tutti gli uomini, e lo fa attraverso lettere (un dialogo, quindi, una conversazione con qualcuno che è altro rispetto a lui) che assumono la valenza di un diario (e quindi di un dialogo con sé stesso, dove l’altro e il proprio io cominciano ad avere confini sempre meno marcati). Lo è perché lo struggimento, la passione, la noia, la paura e tutti gli altri sentimenti che l’imperatore prova sono umani in modo incredibile, dolce, dannatamente vero. Lo è anche perché, pur essendo tutto questo, non perde mai di vista la via maestra, ovvero la narrazione della vita di Adriano, che pur ammantata da queste magnifiche “vesti simboliche” rimane il punto focale del libro.
20121117_220458Ultimo, ma non meno importante, è qui perché lo stile di Marguerite Yourcenar è acqua che scorre. E’ semplicemente meraviglioso, non saprei nemmeno bene come parlarne.
Sono talmente dentro questo libro, a livello emozionale, che pur avendolo letto ormai mesi fa non riesco a parlarne qui sul blog. Non saprei rendergli giustizia.
Per farvi capire, i graziosi foglietti che spuntano dalla mia copia sono le frasi e gli spezzoni che mi hanno colpita o mi hanno fatto pensare. E molti sono nascosti, più piccini e incastrati tra le pagine. Praticamente, dovrei copiare mezzo libro in fondo al post…

Per mettere questo mio amato libro, ahimè, mi tocca escluderne uno della lista precedente. La mia scelta cade su Il paese del Magnano di Sandro Campani; in tutta onestà, è l’unico autore di cui non ho mai sentito parlare, in assoluto – tutti gli altri mi sono noti, se non direttamente attraverso le loro opere, proprio perché solitamente indicati come pietre miliari del secolo scorso. Diciamo, quindi, che è un’eliminazione dovuta alla grandezza dei suoi avversari, più che ai suoi effettivi valori (che, come accennato, non conosco).

La nuova lista:

1. Ingeborg Bachmann, Malina
2. Ira Levin, Questo giorno perfetto (This perfect day)
3. Ágota Kristóf, Trilogia della città di K. (Trilogie)
4. Elfriede Jelinek, La pianista (Die Klavierspielerin)
5. Joe R. Lansdale, In fondo alla palude (The Bottoms)
6. Christa Wolf, Medea. Voci (Medea: Stimmen)
7. Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte (Voyage au bout de la nuit)
8. Virginia Woolf, Orlando (Orlando: A Biography)
9. Jeffrey Eugenides, Middlesex
10. Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano (Mémoires d’Hadrien)
11. Primo Levi, La chiave a stella

E ora viene il mio turno di divertirmi e scegliere il prossimo a essere taggato!
Il primo nome che mi è venuto in mente è stato quello di Salomon Xeno – un po’ perché devo “vendicarmi” dei tag passati, un po’ perché mi sembra qualcosa nelle sue corde e anche perché sono curiosa di scoprire che libro sceglierà.

E con questo vi auguro la buona notte, miei cari; spero che i vostri sogni siano belli!

Sempre vostra,

Cami

giovedì 8 novembre 2012

Top Ten Letterarie (#2)

Buonasera a tutti!

Questo mese vi offrirò una Top Ten molto tradizionale rispetto a quella del mese scorso (che, per chi se la fosse persa, aveva come protagonisti i doodle di Google a tema letterario).
In fondo, tra lettori questa è una domanda quasi obbligatoria e anche in generale la ritengo necessaria per conoscere meglio qualcuno. Cosa c’è di più adatto per cominciare a capire una persona – e i suoi gusti letterari! – che… sapere quali erano i suoi libri preferiti da bambino?

Sarà proprio questo il tema della decina di oggi: i libri più importanti della mia infanzia!

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1. Il GGG di Roald Dahl

Il GGG - R. Dahl

Questo, signori e signore, è stato il primo libro che io ho approcciato da vera lettrice: ovvero, non l’ho solo letto tutto da sola, ma l’ho letto tutto e l’ho fatto con immenso interesse, catturata dalle vicende, dai personaggi, dalla sua dimensione fantastica, dalla storia. L’ho scoperto in classe, durante una settimana che la mia maestra decise di dedicare totalmente alla lettura. Un progetto molto bello che, almeno con me, ha raggiunto il suo scopo: ha fatto nascere una piccola amante dei libri.


2.
Il Barone Rampante di Italo Calvino

Il barone rampante - I. CalvinoQuesto libro, invece, l’ho incontrato “per interposta persona”: me lo leggeva il mio papà prima di andare a dormire, quando ero proprio piccina. Lui ha sempre lavorato molto e quel momento serale era il suo modo di starmi vicino – un modo che adoravo. Tra l’altro, la mia edizione aveva delle splendide illustrazioni, che osservavo sempre con piacere.
Si può dire che sia stato il primo libro vero che io abbia incontrato – e sono più che lieta che sia stato Calvino a introdurmi in questo magico mondo.


3.
Harry Potter e la Pietra Filosofale di Joanne Kathleen Rowling

Harry Potter e la Pietra Filosofale - J. K. Rowling

In tutta onestà, non credo che questo libro abbia veramente bisogno di spiegazioni: vorrei solo dire che sono estremamente felice di aver avuto l’onore di crescere insieme a Harry, Ron ed Hermione. L’uscita di ogni nuovo libro della serie era un momento di festa e i suoi personaggi sono (e saranno) dei compagni di vita. Questo primo volume è meraviglioso, sorprendente e mi ha fatto sperare che consegnassero la lettera d’ammissione a Hogwarts anche a me!



4.
Le Streghe di Roald Dahl
Le Streghe - R. Dahl

Ebbene sì, torna Roald Dahl! Credo sia un autore fantastico, anche ora che sono cresciuta. Le Streghe è un libro avventuroso, incredibile e (almeno per la piccola me di una decina d’anni fa) decisamente inquietante… Queste streghe sono decisamente malefiche! Le ricordo ancora bene – così come il piccolo protagonista e sua nonna, davvero tosta.
E’ stato uno dei primi libri di cui ricordo un finale non propriamente perfetto, ma di una felicità dolce-amara.


5.
Miti degli Dei – Leggende dei Popoli – Imprese degli Eroi di AA. VV.

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A questo volume sono molto affezionata. L’ho sfogliato quando ancora non potevo capirlo e l’ho letto avidamente quando ho cominciato a comprendere cosa fosse la mitologia. Penso proprio che sia grazie a questo bel libro, semplice e chiaro ma completo, dai testi interessanti e dalle illustrazioni bellissime, se l’argomento mi appassiona tanto; ricordo, in particolar modo, l’attenzione data alle differenze tra miti greci e latini.


6.
La Collina dei Ricordi di Richard Adams

La collina dei ricordi - R. Adams

Ho letto questo bel libro grazie a mio nonno paterno: l’ho preso dalla sua libreria senza aver mai letto La Collina dei Conigli, ma all’epoca non è che m’importasse molto. Anni dopo mi ha regalato la sua copia, quella stessa copia che avevo letto la prima volta: vi ho ritrovato la stessa atmosfera, la fantastica comunità lapina che mi aveva catturata durante la prima lettura. Il ricordo di El-Ahrairà e della storia delle tre mucche rimarrà sempre con me: mi colpì allora per le immagini meravigliose e forti, mi colpisce ora per i significati più reconditi che nasconde.


7.
La Bambina della Sesta Luna di Moony Witcher

La bambina della Sesta Luna - M. Witcher

Quante avventure ho vissuto al fianco di Nina e dei suoi amici! La Witcher ha creato davvero un bel mondo, pieno di libri magici, oggetti incredibili e universi incantati. Un mondo in cui un bambino può perdersi e scoprire tante cose nuove – non solo sul mondo dell’alchimia, ma anche su alcune prove che la vita ci costringe ad affrontare. Ho amato molto tutta la saga, anche se crescendo il linguaggio (adatto per bimbi tra i 9 e i 12 anni circa secondo me) si è fatto un po’ troppo semplice per me, ormai cresciuta.


8.
 Ascolta il mio cuore di Bianca Pitzorno

Ascolta il mio cuore - B. Pitzorno

La Pitzorno parla di bambine degli anni ‘50, riuscendo ad incantare una loro coetanea (la sottoscritta) che stava ormai per affacciarsi sul nuovo millennio. Ditemi voi se già questa non è una magia!
Prisca, Elisa e Rosalba non sono solo tre personaggi: sono tre bimbe in carne e ossa, vive e pronte a portarti con loro durante le loro avventure, in classe e a casa, con tutti i loro parenti e amici (indimenticabile lo zio Baldassarre). E’ stato l’inizio del mio grande amore per la Pitzorno, che continua tuttora.


9.
La Lista dei Desideri di Eoin Colfer

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Con questo libro ho incontrato Eoin Colfer e ho scoperto l’ironia nei libri. Prima avevo trovato scene divertenti, ma mai ironiche, o sarcastiche: fortuna che ci hanno pensato Meg e Lowry a tappare questa mia lacuna! Sono due personaggi apparentemente agli antipodi che mi hanno divertita e commossa. Ricordo distintamente molte scene piene di emozioni forti, altre divertenti, che mi fanno sghignazzare anche adesso… Colfer ha conquistato un posticino nel mio cuore.


10.
Fra i Banchi di Gianni Rodari

Fra i banchi - G. RodariGianni Rodari non ha certo bisogno della mia presentazione: il suo valore nell’ambito della narrativa per l’infanzia è incontestabile. Quello che vi chiedo di fare, piuttosto, è cercare di non pensare a lui solo in questo modo, perché quando io apro questo suo libro (sfogliandolo come fosse una reliquia, perché l’ho quasi consumato) trovo una saggezza che solo apparentemente è semplice. Lo è nella forma, perché le rime arrivano più facilmente a un bambino: ma i contenuti hanno di che insegnare anche a noi grandi.

Con Rodari chiudo la decina; cosa ne pensate? Anche voi avete incontrato questi libri, o questi autori, durante la vostra infanzia? Oppure c’è stato qualche altro titolo, qualche altro scrittore?
Se vi va, parlatemene nei commenti!

Buone letture,

Cami

lunedì 5 novembre 2012

Speciale: Blog Tour “Deserto Rosso . Punto di Non Ritorno”–Intervista (Fase #3: Esplorazione)

Ciao a tutti, lettori-astronauti! Pronti alla terza e ultima fase di questa avventura interplanetaria?

Con la Fase #1 ci siamo preparati e siamo partiti, con la Fase #2 ci siamo avvicinati e abbiamo conosciuto meglio il libro; con la Fase #3 comincia l’esplorazione della superficie marziana e del “dietro le quinte” del libro, ovvero la mente della scrittrice.
Oggi, infatti, ho il piacere di ospitare qui su Bibliomania Rita Carla Francesca Monticelli, l’autrice di Deserto Rosso!

Ha risposto pazientemente alle mie domande ed è riuscita a scansare tutti i miei tentativi di strapparle qualche anticipazione sul secondo capitolo, Abitanti di Marte… A parte gli scherzi, è stata molto gentile ed esaustiva, è stato un vero piacere chiacchierare con lei. Quindi non le rubo altro tempo e vi lascio alla lettura dell’intervista!

SPECIALE deserto rosso


FASE #3: ESPLORAZIONE


1) Benvenuta su Bibliomania! Il tuo romanzo, Deserto Rosso: Punto di Non Ritorno, ha molte particolarità: innanzitutto, è un’auto-pubblicazione; in secondo luogo, è un romanzo “a puntate”, formato da quattro capitoli che pubblicherai sul tuo sito. Quali sono state le considerazioni che hanno portato a queste scelte? Sarei curiosa di sapere, inoltre, se prima dell’auto-pubblicazione c’è stato un tentativo di passare attraverso l’editoria tradizionale.

Salve Camilla, grazie per l’ospitalità, è un vero piacere essere qui :)Prima di tutto una precisazione. “Deserto rosso” è un romanzo in quattro puntate, di cui appunto “Punto di non ritorno” è la prima. Le altre tre verranno pubblicate come la precedente su Amazon e, tramite il distributore digitale Smashwords, arriveranno sulle principali piattaforme internazionali di vendita degli ebook, tra cui iTunes, Kobo e Barnes & Noble. Sul mio sito, insomma, non verrà pubblicato nulla. È solo il sito, in cui si potranno trovare informazioni su questo e altri romanzi, e approfondimenti vari all’interno del blog.
La scelta dell’auto-pubblicazione è stata in parte obbligata, perché non credo esista un editore disponibile a pubblicare un romanzo a puntate, almeno non in Italia. In realtà ho deciso di scrivere “Deserto rosso” proprio per testare questo tipo di pubblicazione, dopo averla studiata per oltre un anno, in particolare nell’area anglofona. Con l’approdo di Amazon Kindle Direct Publishing in Italia ho deciso di mettermi in gioco e, per farlo, inizialmente avevo pensato di scrivere una novella, anche perché venivo dalla stesura di un lungo romanzo, durata tre anni, e sentivo la necessità di affrontare un nuovo lavoro che fosse più a breve termine. È poi successo che mi sono resa conto che la storia di “Deserto rosso” aveva bisogno di maggiore spazio. Da qui è nata l’idea di fare di questa novella solo la prima di quattro puntate.

ebook-readerÈ chiaro quindi che non ho mai pensato di rivolgermi all’editoria tradizionale, almeno per questo progetto. Ne avevo una vaga intenzione col romanzo scritto in precedenza, tuttora in fase di editing e che sarà pubblicato al termine di “Deserto rosso”, ma più aumentavo le mie conoscenze sull’editoria tradizionale e più venivo a sapere delle esperienze di altri autori, più mi rendevo conto che non era qualcosa che mi si addiceva. Mi ricordava troppo un altro ambiente, quello discografico, nell’ambito del quale tuttora ho delle collaborazioni e che non apprezzo particolarmente (usando un eufemismo). La via indipendente mi attirava di più da un punto di vista concettuale, essendo io già una lavoratrice autonoma. A questo poi si è aggiunto l’aumento della diffusione degli e-reader in Italia, in particolare del Kindle (ne ho uno pure io), che mi ha permesso di capire l’enorme potenzialità del self-publishing digitale e come, parlando di ebook, la distinzione tra autore pubblicato e indipendente non avesse poi grande significato, visto che li si poteva trovare entrambi l’uno accanto all’altro nella stessa piattaforma, cioè il Kindle Store di Amazon. Perché quindi dover cedere i propri diritti a un editore, soprattutto se si parla di un piccolo editore, quando impegnandomi un po’ di più posso essere veramente editrice di me stessa?

2) I viaggi nello spazio e la colonizzazione di altri pianeti sono tematiche quanto mai attuali, soprattutto per quanto riguarda il Pianeta Rosso – con l’arrivo di Curiosity su Marte, anche l’opinione pubblica sembra aver ritrovato la passione per lo spazio e per l’osservazione scientifica. Com’è nato in te questo interesse? E come stai vivendo, ora, la missione di Curiosity?

Sono sempre stata attratta dallo spazio. Non saprei dire con precisione quando ho iniziato a interessarmene, ma ricordo quanto mi piacessero già da bambina i film di fantascienza o con quale curiosità studiassi la geografia mars-pathfinder_lgastronomica al liceo. Ma l’interesse specifico per Marte è sicuramente nato negli anni ’90, ai tempi della missione Mars Pathfinder, quando un primo rover, il Sujourner, venne inviato sulla superficie marziana, dalla quale trasmise quelle immagini suggestive di un pianeta rosso e polveroso.

Più recentemente mi è capitato di seguire sul sito della NASA la missione dei due rover gemelli Spirit e Opportunity, il secondo dei quali è ancora in attività. Poi nel 2010 avevo saputo che stavano preparando una nuova missione che avrebbe coinvolto un rover molto più grande ed evoluto dei precedenti. Ancora il nome Curiosity non esisteva, ma si trattava proprio di lui. Il lancio era previsto nell’autunno del 2011 e avevano escogitato una simpatica idea per coinvolgere in questa avventura anche le persone comuni, permettendo loro di inserire il proprio nome in un database, che sarebbe poi stato inviato con un chip all’interno del rover. Ovviamente io ho aderito all’iniziativa e adesso una piccola parte di me si trova su Marte insieme a Curiosity.
Dal lancio in poi ho seguito con interesse il suo viaggio e da quando è sul pianeta rosso mi tengo informata sui suoi progressi tramite il suo profilo ufficiale su Facebook e Twitter e ovviamente sul sito del Jet Propulsion Laboratory della NASA, che gestisce l’intera missione.

È stata proprio questa missione a rinnovare il mio interesse per Marte e a spingermi a leggere i libri di Robert Zubrin [fondatore della Mars Society, scienziato e scrittore - ndB], che mi hanno ispirato e ho utilizzato in gran parte come base scientifica per la scrittura del primo episodio (e adesso anche del secondo) di “Deserto rosso”.

3) In questo primo capitolo di Deserto Rosso l’attenzione non è concentrata solamente sulle descrizioni del pianeta o sul reclutamento dell’equipaggio: buona parte del libro è spesa nell’introdurci Anna, la protagonista. Conosciamo lei, il suo passato, ciò che l’affligge e quello che si è lasciata alle spalle quando ha accettato la missione. E’ forte, ma arriva ad un punto in cui il tracollo è inevitabile. Approfondiremo ulteriormente la conoscenza di Anna, nei prossimi capitoli, o l’attenzione si sposterà anche sugli altri membri dell’equipaggio?

Hubble_MarsAnna, come si può immaginare, è la protagonista della storia. Ciò che finora abbiamo letto in “Punto di non ritorno” è un suo racconto in prima persona di questo viaggio disperato nel deserto marziano, durante il quale lei si sofferma a ricordare alcuni eventi del passato. È una narrazione molto soggettiva, fortemente influenzata dai sentimenti e dalle emozioni di un personaggio senza dubbio problematico. Il suo non è inoltre un racconto esaustivo. Anna decide cosa raccontarci e come farlo, omettendo certi dettagli ed evidenziandone altri. Tutto ciò ci porta ad avere una visione parziale della realtà dei fatti, se non addirittura distorta.

In “Abitanti di Marte”, il secondo episodio, che è lungo più del doppio rispetto al primo (tecnicamente è un romanzo breve), oltre ad alcuni capitoli in cui viene mantenuto questo punto di vista soggettivo e raccontato in tempo reale, avremo l’occasione di vedere degli avvenimenti del passato, sui quali lei ha abilmente sorvolato, narrati in terza persona, quindi con una maggiore distanza, e anche da punti di vista diversi dal suo. Vedremo tra l’altro anche delle scene in cui Anna non è presente affatto.
Tutto ciò ci permetterà di PIANETAconoscere meglio gli altri membri dell’equipaggio, ma anche chi è rimasto sulla Terra. In questo modo inoltre, senza il filtro operato dalla protagonista nel decidere cosa farci vedere e come farcelo vedere, scopriremo anche molti altri fatti che arricchiranno la nostra conoscenza di tutti i personaggi, compresa la stessa Anna.

Per questo motivo considero “Abitanti di Marte” come una sorta di episodio delle rivelazioni.

Come per il primo non ci sarà una narrazione strettamente cronologica dei fatti, ma siccome i salti temporali saranno spesso notevoli (in periodi diversi che vanno da trent’anni prima del lancio della missione Isis fino al tempo della narrazione, cioè quasi quattro anni terrestri dopo il lancio), come pure quelli spaziali, e comporteranno cambiamenti del punto di vista, per evitare confusione, considerando anche la lunghezza del testo, questo sarà suddiviso in dieci capitoli.

Posso comunque anticipare che scopriremo gran parte di ciò che è accaduto negli oltre mille giorni di permanenza dell’equipaggio nella Stazione Alfa, che sarà teatro degli eventi di più della metà dell’episodio.

Ho appena terminato la prima stesura dell’episodio. Dedicherò ottobre al lavoro di editing e l’ebook dovrebbe uscire entro la fine di novembre.

4) Il mistero riguardante la spedizione precedente, Hera, è decisamente oscuro e il fatto che vi si accenni continuamente, senza poi darne spiegazione, non fa che accrescere il desiderio di scoprire qualcosa di più a riguardo. Visto anche il finale di questo primo episodio, nel prossimo capitolo possiamo aspettarci qualche rivelazione importante?

Quando si parla di qualcosa all’interno di un romanzo, non lo si fa mai per caso. Non posso entrare nel dettaglio, per non togliere ai lettori il piacere di scoprirlo da sé, in ogni caso la risposta è sì, anche se Hera non ha un ruolo centrale in “Abitanti di Marte”, per quanto riguarda lo spazio occupato all’interno dell’episodio, ma se non altro verrà sciolto qualche nodo sulla vicenda.

5) Ultima domanda: la domanda “c’è vita su Marte?” ha stuzzicato il cervello di studiosi e appassionati per molti anni. Ovviamente ormai non si parla più di alieni (secondo l’iconografia nata con film come Incontri ravvicinati del terzo tipo), quanto di microorganismi… ma in letteratura, si sa, è concesso prendersi qualche licenza poetica. Quindi, quello che vorrei chiederle è: vedremo qualche extra-terrestre, nelle prossime puntate di Deserto Rosso?

Questa è una domanda a trabocchetto. :)

Che io dica sì oppure no, potrei rischiare di rovinare la sorpresa o le aspettative dei lettori, in un senso o nell’altro. Ma vediamo se riesco ad aggirare l’ostacolo.

Come tu stessa hai fatto notare, Marte è un pianeta inospitale per delle forme di vita superiori (organismi pluricellulari di certe dimensioni dotati di una certa intelligenza). È impossibile, quindi, che ci siano marziani autoctoni. Se ci fossero alieni di questo tipo, venuti da chissà dove, dovrebbero come noi usare una grande quantità di tecnologia sia per arrivarci che per poterci sopravvivere, la cui presenza non passerebbe facilmente inosservata al giorno d’oggi, figurarsi fra una cinquantina di anni, quando “Deserto rosso” è ambientato. A meno che, guarda caso, non arrivino proprio nel bel mezzo della storia (che fortunata coincidenza!). Credo quindi che, se infilassi qualcosa di così semplicistico nel romanzo, perderebbe di credibilità, a meno che non riuscissi davvero a tirare fuori una spiegazione estremamente convincente.

In ogni caso, tornando alla tua domanda, mettiamola così: non vedremo omini verdi su Marte.

D’altra parte la domanda “Senza vita?”, che compare nel booktrailer, non è messa lì per caso. Per scoprire ogni sfaccettatura del suo significato, temo che i lettori dovranno, però, attendere la puntata finale. :)

Booktrailer di “Deserto Rosso . Punto di Non Ritorno”


Con questo si conclude il nostro viaggio sul Pianeta Rosso e il nostro Speciale: spero vi sia piaciuto e soprattutto spero di avervi incuriositi!
Se volete trovare e leggere Deserto Rosso . Punto di Non Ritorno, sul sito personale dell’autrice c’è una pagina tutta dedicata a questa prima puntata; se poi vorrete contattarla, anche per farle delle domande (l’autrice stessa mi ha confermato che le farebbe davvero piacere!), oltre al sopracitato sito potrete visitare i suoi profili su Facebook, Twitter, Google+ e Goodreads – tutti sempre attivi e aggiornati.


Un ultimo saluto da Marte!
Vostra,

Cami


P.S. prima di perdere del tutto il nostro “spirito fantascientifico”, però, vorrei segnalarvi una mia collaborazione molto speciale: ho scritto un post per Il Futuro è Tornato, un blog specializzato in intrattenimento (letteratura, cinema, videogame e non solo) di fantascienza. Da “esterna” ho prestato il mio punto di vista per l’appuntamento con Visti da Lontano, leggendo e parlando de La Fine dell’Eternità di Isaac Asimov. Se vi va, passatemi a leggere anche lì: mi farebbe davvero piacere!