mercoledì 6 marzo 2013

Vite e Morti d'Autore (#5)

Ciao a tutti!

Oggi, per la rubrica che ci fa viaggiare attraverso le vite degli autori, incontriamo due personaggi famosissimi: Gabriel Garcìa Márquez e Louisa May Alcott.

Nacque oggi… Gabriel Garcìa Márquez (6 Marzo 1927 – vivente)

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Gabriel Garcìa Márquez è nato ad Aracataca, in Colombia, dal padre Gabriel Eligio e Luisa Santiaga. Vive dai due ai nove anni coi nonni materni, poiché i genitori si erano trasferiti a Sucre, dove il padre possedeva e gestiva una farmacia; alla morte del nonno, Gabo (nomignolo con cui lo scrittore è chiamato, affettuosamente, in tutto il mondo) si ricongiunge a loro.
Lo scrittore ha ammesso di essere stato profondamente influenzato dalle idee liberali del nonno e dalle capacità narrative della nonna.

Nel 1947, dopo essersi diplomato in collegio, si trasferisca a Bogotá; qui studia giurisprudenza e scienze politiche, presso l’Universidad Nacional de Colombia. Si rende presto conto, però, di non provare un vero interesse verso queste materie: abbandona gli studi e, complici i moti del 1948, si trasferisce a Cartagena, dove lavora per El Universal, prima come redattore e poi come reporter.
Alla fine del 1949 si sposta di nuovo, andando a vivere a Baranquilla e lavorando come giornalista per El Heraldo; qui scrive una rubrica firmandosi con lo pseudonimo “Septimus”. In questi anni legge alcune opere che influenzeranno profondamente il suo stile, tra le quali spiccano quelle di Virginia Woolf e quelle di William Faulkner.

Nel 1954 torna a Bogotá, dove lavora per El Espectador come critico cinematografico e come reporter; a causa di una serie di articoli molto controversi sul naufragio di una nave della marina viene mandato, come corrispondente estero, in Europa.
Qui potrà portare avanti anche il suo interesse per il cinema, passando per Roma, dove studierà al Centro Sperimentale di Cinematografia, e per Parigi.
In patria, però, l’aspetta Mercedes Barcha, sua fidanzata: è per questo che nel 1958, dopo un viaggio a Londra, Gabo torna a Baranquilla, dove la coppia convola a nozze.

L’anno seguente nasce il primo figlio, Rodrigo; nel 1961, quando la famiglia si trasferisce a Città del Messico, nasce il secondo figlio, Gonzalo.

Scrive alcuni romanzi e molti racconti; ma è solo nel 1967, benché ci stia pensando da quando ha 18 anni, che Garcìa Márquez comincia a scrivere il suo capolavoro, Cent’anni di solitudine. L’ispirazione arriva, improvvisa, mentre sta portando la sua famiglia ad Acapulco: immediatamente, inverte la rotta e si dirige verso casa, per cominciare a scrivere.
Vende la macchina, per permettere alla famiglia di mantenersi mentre lui continua a scrivere; ma la gestazione del romanzo si fa più lunga del previsto e, pur scrivendo ogni giorno, ci vogliono ben 18 mesi prima che Gabo possa considerarlo concluso. In questo lasso di tempo, la moglie dovette affidarsi al credito dei commercianti per il cibo e alla benevolenza del padrone di casa per l’affitto.
Fortunatamente sono difficoltà ben ripagate, dato che il libro, pubblicato nel 1968, fu un enorme successo sia commerciale, che di critica – tant’è che portò l’autore all’attenzione del comitato del premio Nobel della Letteratura, che vinse nel 1982.

Nel frattempo, Gabo si stabilisce a Barcellona, portandosi dietro tutta la famiglia; vivranno in Catalogna per sette anni.
Pur avendo residenza in Europa, la sua notorietà lo porta a essere un interlocutore importante in molte negoziazioni tra il governo colombiano e i movimenti di guerriglia; inoltre, conosce e stringe amicizia con Fidel Castro, con cui afferma di parlare soprattutto di letteratura.
Questi rapporti, ovviamente, lo misero in difficoltà con gli Stati Uniti, che per molti anni gli negarono ogni tipo di visto.

Sempre in questi anni comincia a scrivere L’Autunno del Patriarca, ispirato dalla caduta del dittatore venezuelano Jiménez. Dopo averlo pubblicato in Spagna, l’autore torna a Città del Messico con la sua famiglia, minacciando di non pubblicare più nulla fino a che non cadrà la dittatura di Pinochet in Cile. Si concesse una sola eccezione nel 1981, con Cronaca di una morte annunciata, perché l’aveva scritto contro le ingiustizie e le repressioni.

Nel 1999 gli viene diagnosticato un cancro al sistema linfatico: proprio per questo motivo comincia a scrivere le proprie memorie. Inizialmente pensa di comporle in tre volumi, ma solo il primo viene effettivamente pubblicato, nel 2000, con il titolo Vivere per raccontarla.  Nel frattempo, continua a scrivere narrativa (Memorie delle mie puttane tristi esce nel 2004). Fortunatamente, la chemioterapia porta alla regressione del cancro e nel 2005 l’autore può considerarsi guarito.

Purtroppo, però, un’altra malattia si è fatta strada nella vita di Gabo. E’ notizia ormai praticamente certa che Garcìa Márquez soffra della sindrome di Alzheimer, dal 2011. Il mondo ha perso, spiritualmente, uno dei suoi più grandi autori.

pointr  Il libro consigliato… Dell’amore e di altri demoni (Del Amor y Otros Demonios)

Che io sia una grande fan di questo autore non è un segreto: anche quando non sono riuscita ad apprezzare del tutto le sue scelte stilistiche, non ho potuto fare a meno di ammirarlo per la sua bravura nel destreggiarsi tra le parole.
A chi ancora non ha incontrato questo meraviglioso autore e le sue storie piene di passione, consiglio la sua opera che mi è piaciuta di più: Dell’amore e di altri demoni. Credo contenga tutti i temi portanti presenti nella produzione di Gabo ed è scritto magnificamente. Una grande e intensa lettura.


Morì oggi… Louisa May Alcott (29 Novembre 1832 – 6 Marzo 1888)

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Louisa May Alcott nasce a Germantown (che ora è un quartiere di Philadelphia); seconda di quattro figlie, i suoi genitori sono il filosofo trascendentalista Amos Bronson Alcott e Abby May Alcott, attiva nel sociale.

Quando ha sei anni, la famiglia si trasferisce a Boston, dove il padre fonda una scuola legata alla sua corrente filosofica ed entra a far parte del Transcendental Club, di cui erano soci anche Ralph Waldo Emerson ed Henry David Thoreau – saranno proprio questi amici di famiglia, insieme a intellettuali del calibro di Nathaniel Hawthorne, a curare l’educazione della giovane Louisa May, sotto l’egida di suo padre.
Negli anni ‘40 si trasferiranno più volte. Tra il ‘40 e il ‘43 vivono in un cottage a Sudbury River, nei pressi di Concord (Massachusetts), periodo ricordato con molto affetto dalla Alcott; poi, tra il ‘43 e il ‘44, si uniscono a una comunità di altre sei famiglie di Fruitsland. Fallito questo progetto utopico, gli Alcott fanno ritorno a Concord.

La famiglia, tuttavia, si trova in ristrettezze economiche: per questo, la Alcott deve darsi da fare e lavorare, così come la sorella maggiore, per aiutare i genitori a sbarcare il lunario. Tuttavia, non abbandona la scrittura, che diventa un modo per poter esprimere le sue emozioni: nel 1849 esce il suo primo libro, Flower Fables, una raccolta di favole scritta in origine per la figlia di R. W. Emerson.
Nel frattempo, l’autrice comincia a sviluppare le convinzioni sociali ed etiche che l’accompagneranno per tutta la vita: era abolizionista (la sua famiglia nascose anche uno schiavo fuggitivo) e femminista (fu la prima donna a votare, a Concord, in un consiglio d’istituto).

Gli anni ‘50 sono un periodo molto buio per la Alcott. Rimasta senza lavoro, piena d’angoscia per il futuro, subì un doppio abbandono: quello della sorella più giovane, Lizzie, che morì, e quello della sorella maggiore, Anna, che si sposò. Furono senz’altro duri colpi per l’autrice, che arrivò a pensare al suicidio.

Fortunatamente, la sorte comincia a girare a suo favore. Nel 1860 comincia a lavorare per l’Atlantic Monthly; poi, dopo aver lavorato come infermiera durante la Guerra Civile americana, le sue lettere vengono pubblicate prima su un giornale e poi in un volume a sé stante – e grazie a queste riceve le prime critiche positive, che elogiano il suo spirito d’osservazione e il suo humour ben calibrato. Stessa accoglienza avrà il suo romanzo Moods (pubblicato in Italia come Mutevoli umori), sempre basato sulle sue esperienze.
Decide poi di affidarsi a uno pseudonimo, A. M. Barnard, per pubblicare storie aventi come protagoniste donne fiere e appassionate, spesso alla ricerca della giusta vendetta contro chi le ha umiliate e sfruttate. Tuttavia, quando le sue storie indirizzate a un pubblico più giovane otterranno successo, l’autrice abbandonerà quasi del tutto la produzione letteraria indirizzata prettamente agli adulti.

Nel 1868, infatti, esce il primo libro della serie Piccole Donne, noto all’epoca come Meg, Jo, Beth and Amy, a cura dei Roberts Brothers; il secondo volume, Piccole donne crescono (Good wives), viene pubblicato l’anno seguente, proprio grazie al successo commerciale del primo episodio.
Seguiranno Piccoli uomini (Little men) e I ragazzi di Jo (Jo’s boys), rispettivamente nel 1871 e nel 1886, che completarono la saga della famiglia March.
Molti dettagli, in questi quattro libri, sono autobiografici: dal personaggio di Jo (che l’autrice modellò su sé stessa), alla reazione alla morte di un membro della famiglia, al rapporto di affettuosa rivalità tra quest’ultima e la sorella più piccola. Anche alcuni personaggi maschili nascono da esperienze vissute dalla Alcott; benché non si sia mai sposata, si dà per certo il suo coinvolgimento in almeno una relazione romantica, che significò moltissimo per lei.
Inoltre, è importante notare come, nel corso dei libri, vengano portate alla luce alcune questioni fondamentali riguardanti i diritti e le condizioni delle donne, in modo schietto ma tranquillo e pacato.

I successivi libri della sua produzione letteraria, che continuò sino alla sua morte, seguono sostanzialmente la linea tracciata da Piccole donne: ne sono un chiaro esempio romanzi come Una ragazza fuori moda (1870) o Gli otto cugini (1871).

La Alcott morì il 6 Marzo 1888, dopo un colpo apoplettico. Per molti anni si è pensato fosse dovuto a un avvelenamento da piombo (a causa di una cura molto forte che l’autrice aveva subito durante la guerra, per guarire dalla febbre tifoidea); oggi, invece, gli esperti propendono più verso l’ipotesi di una malattia autoimmune. L’autrice riposa nello Sleepy Hollow Cemetery di Concord, al fianco di Thoreau, Emerson e Hawthorne.

pointr  Il libro consigliato… Piccole donne (Little Women)  

Uno dei classici per l’infanzia più noti, in particolar modo tra le piccole lettrici: una storia comune, che racconta una quotidianità che ormai non c’è più, ma che non smette di affascinare. E’ impossibile non affezionarsi alle sorelle March e non sperare il meglio per tutte loro.
Mi piacerebbe sapere quanto maschi hanno letto questo libro; credo che potrebbe essere apprezzato, anche se forse in misura lievemente minore, anche da loro. In fondo, una buona storia è una buona storia, indipendentemente dal sesso dei protagonisti.

 

fonte per le biografie: Wikipedia

 


Per quest’oggi è tutto, miei cari lettori e mie care lettrici!

Come sempre, vi auguro buone letture.

Vostra,

Cami

13 commenti:

  1. Marquez per anni ha rappresentato il mio ideale di artista politicamente impegnato. Comunque è vero che dietro ad un grande uomo spesso c'è una grande donna, se la moglie non lo avesse sostenuto non avremmo mai visto la nascita di un capolavoro.

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    1. Vero! :) Chissà quante storie di mogli, madri, figlie, sorelle ecc. non conosciamo...

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  2. E' molto bella questa rubrica, non ci avevo mai fatto caso. Io, lo ammetto, devo ancora leggere entrambi. Epoche diverse, storie diverse. Dietro un grande uomo c'è una grande donna, ma dietro una grande donna?
    Era solo un pensiero passeggero, non una domanda.
    Grazie per questi scorci d'autore.
    :)

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    1. Grazie, lieta che ti piaccia :)

      Spero che li leggerai presto, in particolare Garcìa Màrquez.

      Figurati, per me è un piacere preparare questi post!

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  3. La cara vecchia Lousia.
    Cosa sarebbe stata la mia adolescenza senza di lei?
    ^_^

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    1. Eh, credo che sia stata una lettura importante per molte! :)

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  4. Questa rubrica è tornata, con mio grande piacere, con il botto! Cami, tu sai quanto adori Garcia Marquez... :)
    Perdonami Cami ma devo fare un appunto, o meglio un'aggiunta... Nel 1985, in Italia arriva l'anno dopo, G.G.M. pubblica "L'amore ai tempi del colera". Come è reso il sentimento amoroso, la passione di un innamorato, la "malattia" dell'amore, in questo libro io non l'ho letto finora da nessuna altra parte. Consigliato!
    Inoltre una delle più belle dediche che ho letto è quella appunto tratta da L'amore ai tempi del colera. Cito testualmente: "A Mercedes, senza dubbio".
    Lo so, sono solo due parole, semplicissime, forse possono suonare banali, ma per me sono stupende, perfette. Ahimè nell'edizione che adesso è in commercio è stata cambiata, ovvero: A Mercedes, certamente.
    Spero che qualcuno mi potrà capire se dico che sono due frasi completamente diverse e che il traduttore l'ha rovinata! Spero ritorni come era nella prima edizione.

    "Dell'amore e di altri demoni" è altrettanto consigliato, soprattutto come primo approccio a questo, dici bene tu, meraviglioso autore! :)

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    1. Eheh, eccome se lo so!
      Purtroppo, facendo le biografie in breve, qualche romanzo "sfugge". Prometto che, se avrò ancora occasione di parlare del caro GGM, non mi dimenticherò questo romanzo che ti è tanto caro :)

      La dedica è bellissima e capisco il tuo disappunto per il cambiamento della traduzione! Trovo la prima versione, in effetti, molto più significativa.

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  5. Io di Marquez adoro" Cent'anni di solitudine". Poi ho letto "Memorie delle mie puttane tristi" e ho iniziato " L'amore ai tempi del colera", abbandonato perché non ero dell'umore nel periodo.
    Quello da te consigliato non lo conoscevo, ma credo che presto lo leggerò :) anche se per me (a livello personale) niente potrà l'atmosfera magica di Macondo.

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    1. Purtroppo non ho ancora letto "Cent'anni di solitudine"! Mi succede sempre così, con i grandi autori: sono intimorita dai loro capolavori e quindi comincio da libri un po' meno noti. Ma presto arriverò anche io a Macondo, ormai è un po' che mi chiama!

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  6. "Dell'amore e di altri demoni" non l'ho ancora letto, prenderò senz'altro nota del titolo! ;) Invece "Cent'anni di solitudine", anche se ormai è passato un bel po' da che l'ho letto, mi ha letteralmente incantato! *__* E dire che mi è capitato fra le mani solo perché mia nonna, lettrice accanita anche lei, non riusciva a digerirlo e voleva assolutamente sbarazzarsi della sua copia! :D Anche "Piccole donne", come penso sia stato per il novanta per cento delle ragazze che amano i libri, mi ha appassionato e commosso moltissimo! ^^

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    1. Eheh, ottima cosa le nonne lettrici ;D

      Leggerò sicuramente "Cent'anni di solitudine", è deciso u.u
      E concordo con te su "Piccole donne"!

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